Autostrade, ferrovie e aeroporti: così il Veneto si stacca da Roma

Autostrade, ferrovie e aeroporti: così il Veneto si stacca da Roma
VENEZIA - L’equazione è semplice. Più funzioni e più beni strumentali saranno trasferiti verso Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, maggiore sarà...

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VENEZIA - L’equazione è semplice. Più funzioni e più beni strumentali saranno trasferiti verso Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, maggiore sarà il gettito Irpef che potrà rimanere nei ricchi territori del Nord. E minori saranno le risorse e le competenze che rimarranno a Roma i cui ministeri, come spiegano le bozze, dovranno essere «ridimensionati» per tener conto delle funzioni ridotte che dovranno svolgere. Una delle partite cruciali si sta giocando sulle infrastrutture. Veneto e Lombardia,  chiedono tutte le competenze in ordine «alla determinazione della quota regionale dei fondi nazionali finalizzati allo sviluppo infrastrutturale del Paese». Miliardi di euro su cui le due Regioni vogliono avere l’ultima parola. Ma non è solo questo. Nella bozza di intesa con il governo, Lombardia e Veneto hanno stilato una lunghissima lista di strade, autostrade, ferrovie, porti e aeroporti, sui quali vogliono pieni poteri. 


IL DEMANIO LOCALE
La Regione guidata da Attilio Fontana, per esempio, ha chiesto che vengano acquisite al suo demanio «le tratte autostradali comprese nella rete nazionale», comprese quelle previste «in convenzioni di concessione nazionali vigenti, già realizzate o in fase di realizzazione». Passerebbe sotto la piena gestione della Lombardia, per esempio, un tratto di 55 chilometri dell’Autostrada del Sole, la A1. E poi, 93 chilometri della tratta Milano-Brescia della A4, 27 chilometri della Torino-Milano, 36 chilometri della Brescia-Padova. I 53 chilometri della A7 Milano-Serravalle, 32 chilometri della Lainate-Chiasso (A9).

I 45 chilometri della A8 Milano-Varese, il tratto della A22 Verona-Modena, la Tangenziale Est di Milano, e così via. Su tutte queste autostrade la Regione avrebbe competenza legislativa e amministrativa, affiderebbe e controllerebbe le concessioni, verificherebbe i piani finanziari, definirebbe le tariffe massime e, inoltre, ne incasserebbe i canoni. Tutti compiti oggi svolti dal ministero delle Infrastrutture. E lo stesso varrebbe per parte della rete stradale che oggi fa capo all’Anas. 

L’ELENCO DELLE ATTIVITÀ
Anche per le Ferrovie l’elenco è lunghissimo. La Lombardia vorrebbe subentrare allo Stato nella funzione di «concedente» su 25 tratte ferroviarie. Si va dalla Lecco-Bergamo, alla Pavia-Mortara, dalla Bergamo-Brescia alla Treviglio-Cremona. La Regione avrebbe la competenza amministrativa e le funzioni di programmazione sulle ferrovie. Al ministero delle Infrastrutture rimarrebbe dunque ben poco da fare. Anche negli aeroporti, da Malpensa a Linate fino a Orio al Serio, la Lombardia vorrebbe subentrare allo Stato nella qualità di concedente. 

UN VULNUS PER L’INTESA
Un discorso analogo vale per il Veneto. Sono 18 in questo caso, le tratte ferroviarie nelle quali la regione guidata da Luca Zaia, vorrebbe subentrare allo Stato: dalla Rovigo-Chioggia alla Vicenza-Treviso. Così come nella bozza di intesa, il Veneto ha fatto mettere nero su bianco la richiesta di trasferire al demanio della Regione, da quello dello Stato, «gli aeroporti nazionali insistenti nel territorio veneto e la relativa competenza legislativa e amministrativa». Anche i Fondi del trasporto pubblico locale non saranno più centralizzati ma, in base alle richieste di Veneto e Lombardia, dovranno essere recuperati a valere, ancora una volta, sui decimi di Irpef raccolta sul territorio. In verità su tutte queste materie la resistenza dei ministeri non è stata ancora superata.

LE STRUTTURE BUROCRATICHE 

Nelle bozze i capitoli sulle infrastrutture sono quelli indicati tra le richieste delle Regioni non accolte dai ministeri (e che quindi andranno trattate a livello politico) o non ancora definite. Non a caso ieri il presidente Zaia in un’intervista si è lamentato della resistenza che le strutture “burocratiche” romane starebbero facendo. Nel mirino c’è soprattutto il ministero dell’Economia. Nemmeno uno degli appunti fino ad oggi sollevato dagli uomini di Giovanni Tria è stato accolto. Un vulnus per l’intesa se il consiglio dei ministri dovesse approvarla senza il “bollino” del Tesoro.
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Il Gazzettino