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PADOVA - Ora sulla morte di Artiom Naliato c’è un’indagine della Digos di Padova. Il fascicolo è di quelli classificati come “conoscitivi”, anche perché profili di reato non ce ne sono, ma la questura della città del Santo vuole capire fino in fondo la vita e i contatti del 21enne di origine ucraina, adottato da piccolo da una famiglia di Tribano (Bassa Padovana) e morto martedì mattina in Ucraina, dov’era tornato nelle scorse settimane per completare l’addestramento tra le fila dell’esercito della sua nazione e dare il proprio contributo nel contrastare l’aggressione della Russia. «La sua presenza in Ucraina era nota – ha spiegato il questore di Padova, Marco Odorisio – ma adesso dobbiamo approfondire i motivi che lo avevano spinto a fare questa scelta e come si era mosso per raggiungere il posto». In pratica con chi Artiom aveva parlato e chi gli aveva dato tutte le coordinate per unirsi alla guerra.
GIÀ CONOSCIUTO
Naliato non era un nome nuovo per gli uffici di piazzetta Palatucci: il suo profilo era già emerso nei continui approfondimenti fatti dagli agenti della Digos sugli italiani che si erano arruolati tra gli eserciti di Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky dopo l’invasione del febbraio 2022. Il 21enne infatti era già stato in Patria mesi fa, un viaggio lungo interrotto per un rientro in Italia, a Cadoneghe, dalla famiglia che lo stava ospitando negli ultimi tre anni, per poi ripartire e concludere l’addestramento in questi giorni.
LA RETE
L’indagine della Digos è quindi a tutto campo. I poliziotti della Divisione investigazioni stanno ricostruendo tutta la vita di Artiom Naliato attraverso i suoi profili social e le testimonianze di chi lo conosceva e già ha spiegato come il difendere la propria Patria dall’invasore fosse, per lui, un ideale irrinunciabile.
C’è poi da investigare sulla rete del 21enne: capire come il giovane sia entrato in contatto con i reclutatori che gli hanno permesso di raggiungere le retrovie dell’esercito per almeno due volte e, lì, prepararsi alla battaglia contro le forze russe.
Il passo successivo sarà capire come abbia fatto Artiom Naliato a raggiungere la caserma, se prima ci siano stati dei passaggi in altri campi dell’esercito ucraino e a che livelli siano stati i suoi collegamenti. Nell’indagine della questura di Padova anche i movimenti sul suolo ucraino del 21enne.
L’ULTIMO MESSAGGIO
Con la famiglia che lo stava ospitando a Conselve, dove si era trasferito tre anni fa, Artiom continuava a tenere i contatti, inviando anche dei selfie in mimetica durante le esercitazioni.
«Il 16 luglio, a mia figlia aveva detto che c’erano problemi con le linee di internet e che doveva fare hotspot per rispondere – ha detto Filippo Acciaiuoli, che aveva accolto in casa il 21enne – Poi io gli avevo scritto la domenica sera però non mi aveva risposto».
Poche ore dopo, lunedì, un missile avrebbe colpito la sua caserma: il giovane soldato, padovano d’adozione, era rimasto ferito in modo grave ed era stato portato in ospedale dove i medici hanno provato di tutto per salvargli la vita. Nonostante le cure però il cuore del soldato tornato in Patria per difenderla dall’aggressore, si è arreso. Nel giro di poche ore la notizia ha attraversato l’Europa arrivando fino alla Bassa Padovana, dove martedì pomeriggio è diventata di tutti. Domani, per ricordare Artiom Naliato, alle 21 nel duomo di Conselve è prevista una veglia funebre. Il corpo del soldato ucraino infatti non tornerà nel Padovano per il funerale perché il 21enne verrà sepolto in Ucraina.
I PRECEDENTI
Artiom Naliato non è la prima vittima del conflitto russo-ucraino ad avere legami con il Veneto. Nel marzo 2023, a perdere la vita tra le fila dell’esercito ucraino era stato Oleh Dozydenko (chiamato Aleksey da tanti amici italiani), soldato padovano di 32 anni, centrato da un colpo di mortaio a Bahmut mentre, su un blindato, trasportava altri feriti. Oleh era in Veneto dal 2004 e aveva vissuto per 15 anni a Padova in piazza De Gasperi, studiando al Marconi e giocando a calcio con il Vigodarzere. Veneto di Portogruaro, in provincia di Venezia, era stato il primo italiano morto al fronte nell’operazione speciale voluta da Putin: Edy “Bozambo” Ongaro, era deceduto a 46 anni il 31 marzo 2022 nel villaggio di Adveedka, a nord di Donetsk, mentre combatteva tra le milizie filorusse e separatiste contro l’esercito dell’Ucraina. Si era lanciato su una granata che aveva colpito la sua trincea, facendo scudo con il proprio corpo ai suoi commilitoni: Bozambo è sepolto in Donbass.
Il Gazzettino