OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
CODOGNE' - Angela è una donna di 52 anni originaria dell’Ucraina che vive a Codognè da nove anni. Quando il conflitto è scoppiato si trovava nel paese natale e ora è bloccata nell’inferno di Cherson, la prima città Ucraina a essere completamente caduta in mano dei russi. Il suo compagno è molto preoccupato. Cherson si trova nel sud del Paese, nei pressi dell’estuario del fiume Dnepr. Da quanto si apprende sarebbe impossibile uscire in strada: i russi sparano su chiunque si avventuri fuori dalle case. Angela era partita da Treviso il 21 febbraio scorso dopo che la sorella l’aveva avvertiva che la madre Nadia, 79 anni, era stata colpita da un infarto e necessitava assistenza. Aveva percorso i 600 chilometri che separano Codognè da Kiev a bordo di un pullman, viaggiando tutta la notte. Tre giorni dopo, giovedì 24 febbraio, l’inizio delle ostilità da parte dell’esercito russo. Ogni tentativo di rientrare a Codognè è reso vano dalla distruzione dei collegamenti: la ferrovia è stata messa fuori uso dai missili, così come ogni altro mezzo di comunicazione via terra. In pochi giorni i combattimenti si sono intensificati. Angela, assieme alla mamma, alla sorella e al nipotino di 8 anni si sono rifugiati nello scantinato sotto casa. Quaranta metri quadrati, un pavimento di cemento, senza luce, elettricità o riscaldamento. La madre convalescente dopo l’infarto.
TIMORI E SPERANZE
A Codognè il suo compagno, Giovanni Tommasella, trattiene a stento le lacrime mentre racconta la sua angoscia. Sul terrazzino al primo piano della sua casa a Cimavilla sventola la bandiera gialla e blu, una speranza a cui aggrapparsi. «Non dormo più tranquillo da giorni - confessa l’operaio - Angela e io ci siamo conosciuti dieci anni fa.
IL PRIMO CITTADINO
Al suo appello si aggiunge anche quello del sindaco di Codognè Lisa Tommasella: «È incredibile vedere come la guerra tutto a un tratto arrivi così vicina. Sapere che una nostra concittadina è in pericolo ci fa capire la drammaticità di questo assurdo conflitto. Aggiungo la mia voce e quella di tutta la cittadinanza a quella di Giovanni affinché qualcuno, qualche associazione umanitaria, privati o chiunque possa farlo, di aiutare questa famiglia ad uscire da questo inferno. Ci siamo attivati con tutti i mezzi possibili, ma quando è arrivata la notizia che la città è stata presa dalle truppe russe abbiamo perso la speranza di poterla evacuare assieme alla mamma, alla sorella, al nipotino. Spero solo che qualcuno ci possa aiutare anche se mi rendo conto dell’estrema difficoltà che un’operazione del genere comporta».
Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino