«Sei l'amante di mio padre»: offese alla barista, figlia del sindaco a processo

«Sei l'amante di mio padre»: offese alla barista, figlia del sindaco a processo
SAN NICOLO' COMELICO - «Avevo paura, non vivevo più: ho dovuto cambiare casa e ho chiuso il bar». Annalisa Pocchiesa Cnò, 60enne di Padola, ha...

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SAN NICOLO' COMELICO - «Avevo paura, non vivevo più: ho dovuto cambiare casa e ho chiuso il bar». Annalisa Pocchiesa Cnò, 60enne di Padola, ha raccontato ieri in Tribunale a Belluno, di fronte al giudice Angela Feletto, l'inferno vissuto tra 2016 e 2017 a causa degli attacchi della figlia del sindaco di San Nicolò Comelico, Giancarlo Ianese. Deborah Ianese (avvocato Andrea Rui) è alla sbarra con le accuse di diffamazione aggravata, tramite mezzi di pubblicità e atti persecutori: avrebbe insultato e minacciato la Pocchiesa ritenendola l'amante del padre e le figlie di lei. Ma Annalisa Pocchiesa Cnò, sotto giuramento, ieri, ha affermato: «Non ho mai avuto una relazione con questo signore, lo conoscevo solo perché è sindaco del paese». La donna e le due figlie Nadia e Vanna Carbogno sono parte civile, con l'avvocato Patrizio Paolo Palermo di Udine. 

L'INFERNO«Tutto è iniziato verso il 19-20 febbraio 2016 - ha spiegato Annalisa Pocchiesa, che all'epoca gestiva il negozio di via Lacuna a San Nicolò - Deborah, che era anche cliente del mio bar, mi incolpava di essere l'amante di suo padre. Mi apostrofava come mign..., ninfomane, diceva che facevo sesso con lui e altre cose». A un certo momento la figlia del sindaco comincia a diffondere messaggi diffamanti tramite Facebook con video e audio anche su Whatsapp. «Venivano condivisi - ha spiegato la teste- e c'erano insulti, dicevano che lei e sua madre morivano di fame e suo padre stava con me». E tante altre cose molto più pesanti come quelle di dare alla donna e alle figli delle spacciatrici di eroina, di sniffare, di avere giri di prostituzione. Cose gravissime che hanno provato fortemente la barista. «Quando sei al contatto col pubblico - ha spiegato - è difficile, entravano e mi facevano vedere i messaggi. C'è chi non è neanche più venuto al bar, anche se Deborah si era inventata dalla prima all'ultima parola. Ne parlava ormai tutto il paese. Poi me le ritrovavo, lei e la madre sotto casa. All'epoca abitavo a Santo Stefano, e ho iniziato a avere paura: mi sono trasferita a Padola e ho dovuto chiudere il bar». Il racconto dell'incubo vissuto è stato fatto anche dalle figlie, con difficoltà e tra le lacrime. La madre venne anche ricoverata. «Era dimagrita- ha spiegato la figlia- ricorderò per tutta la vita che dovetti comprarle un pigiama di una bimba i 10 anni». Il processo alla fine è stato rinviato al 16 maggio quando verrà incaricato un perito che accerterà le capacità dell'imputata. 

IL CASOLa vicenda della burrascosa separazione tra il sindaco Ianese e la moglie Silvana Carbogno è diventata di dominio pubblico, proprio per i messaggi e condivisioni su Facebook relativi anche alla casa di via Lacuna al civico 30, assegnata all'ex marito e padre Ianese, dove ancora vivono le due donne. Da lì sono state sfrattate con procedura che è stata rinviata più volte.
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Il Gazzettino