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VENEZIA - Il pasticcio degli aiuti di Stato. Era atteso per oggi, martedì 2 agosto, il via libera dal Consiglio regionale al progetto di legge con cui la giunta Zaia, pur senza essere obbligata a farlo, intendeva mettere una pezza a un’onerosa vicenda trentennale: sgravi contributivi alle aziende concessi negli anni ‘90 da due leggi nazionali, ma ritenuti illegali dalle istituzioni europee, tanto che da un decennio l’Italia è sotto procedura di infrazione e deve pagare diverse decine di milioni di euro. Invece all’ultimo momento il punto è stato rinviato al 30 agosto: «Servono approfondimenti tecnici», è stata la laconica spiegazione della Lega, dopo che l’ufficio legislativo di Palazzo Ferro Fini ha espresso dubbi di costituzionalità sul testo, che secondo il centrosinistra (ma anche qualche esponente di centrodestra) potrebbe esporre i votanti al rischio del danno erariale.
LA CONDANNA
Tutto comincia con le norme statali che nel 1995 e nel 1997 permettono agevolazioni previdenziali nell’assunzione di personale.
LE RISORSE
Dagli atti consiliari risulta che la Commissione europea abbia chiesto allo Stato italiano di chiudere questa vertenza. Come? Invitando la Regione a mettere a disposizione i fondi per il supporto alla liquidità delle imprese, previsti inizialmente per l’emergenza Covid e successivamente per la crisi scatenata dalla guerra fra Russia e Ucraina. La giunta Zaia predispone allora un progetto di legge che stanzia un importo fino a 500.000 euro, tratti dalle risorse gestite da Veneto Sviluppo. Quando il provvedimento arriva nelle commissioni Economia e Bilancio, tuttavia, i giuristi evidenziano dei possibili profili di illegittimità. Grazie alla deroga “bellica” è possibile dare nuovi aiuti di Stato a ditte che hanno ottenuto aiuti di Stato illegali, ma bisogna farlo con uno strumento di portata generale e cioè destinato a tutte le ditte venete (quindi non solo a quelle quattro), il che costerebbe però almeno 100 milioni. In caso contrario potrebbe configurarsi uno «sviamento di potere nell’esercizio della funzione legislativa». Il timore che serpeggia fra i consiglieri, anche leghisti, è di poter essere chiamati a risponderne personalmente davanti alla Corte dei Conti. Non a caso i dem non partecipano al voto. La maggioranza prova comunque a tirare dritto, finché nella seduta consiliare di oggi viene annunciato lo slittamento a fine mese. «Prima di tornare all’esame di questo progetto di legge, sarà opportuno stralciare ogni passaggio che porterebbe, e non sarebbe purtroppo la prima volta, ad impugnazioni e ricorsi», avverte Giacomo Possamai, capogruppo del Pd, insieme al resto delle opposizioni.
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Il Gazzettino