Avvocatessa accoltellata ad Oderzo. Gli ultimi istanti del cliente aggressore dalla furia fino al gesto estremo

ODERZO (TREVISO) - ​Il lavoro, i due fratelli fragili a cui badare e quell’eredità da gestire che gli toglieva il sonno. Tante pressioni, troppe per reggere a...

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ODERZO (TREVISO) - ​Il lavoro, i due fratelli fragili a cui badare e quell’eredità da gestire che gli toglieva il sonno. Tante pressioni, troppe per reggere a lungo. Così alla fine ha perso la testa. Al punto da accoltellare la sua avvocata e poi impiccarsi nel fienile di casa. La vita di Giuseppe Silvestrini, infermiere 53enne di Mansuè, è precipitata nel giro di un’ora. Alle 10 ha aggredito l’avvocata Meri Zorz, al culmine di una discussione per la vendita di alcuni terreni nell’ambito di una pratica civilistica. La furia è esplosa quando la donna gli ha detto che avrebbe rinunciato al mandato. Alle 11 il fratello lo ha trovato il cadavere nella vecchia casa colonica. 

L'appuntamento con l'avvocatessa, poi la furia

Ieri mattina Silvestrini si era presentato nello studio legale di via Dall’Ongaro, in centro a Oderzo, come da accordi. Ci era andato armato di coltello da cucina. Se fosse un gesto premeditato, magari fiutando la rinuncia dell’avvocata, è un aspetto ancora al vaglio degli inquirenti. L’avvocata si era presa a cuore il caso di quella famiglia sfortunata, messa a dura prova dalla vita, soprattutto negli ultimi tre anni. A giugno del 2021 la casa colonica di via Perezzi a Mansuè era stata divorata da un incendio. Un anno fa era mancato il padre, così Giuseppe era stato nominato amministratore di sostegno degli altri due fratelli, affetti da disturbi psichici. Il 53enne si era trasferito da Ponte di Piave, dove abitava prima, a Mansuè nella casetta prefabbricata posizionata nel cortile del complesso. Giuseppe voleva vendere la proprietà, in cui i tre vivevano, e per questo si era rivolto a Zorz. Lei aveva trovato un acquirente ma i continui tira e molla dell’infermiere, che cambiava idea sull’affare in base ai dissidi con i fratelli, l’avevano esasperata. Così aveva deciso di mollare il caso, specificando però che la porta sarebbe rimasta aperta nel caso in cui si fosse deciso definitivamente a vendere la proprietà. Un colpo che Silvestrini non era disposto a incassare. Tanto da accoltellare la donna, che è riuscita a divincolarsi e a scappare, rifugiandosi nell’edicola di Marino Bergamo. A quel punto l’infermiere è salito in macchina ed è tornato a casa mentre i carabinieri gli davano la caccia. Nel frattempo si è disfatto dell’arma. 

Il gesto estremo

Una volta arrivato a casa ha raggiunto il fienile, uno dei pochi locali che si era salvato dall’incendio di due anni fa. E lì si è tolto la vita impiccandosi a una trave. Forse sopraffatto dal rimorsi per l’aggressione appena compiuta o spaventato dalle conseguenze che avrebbe dovuto affrontare. I fratelli lo avevano visto rientrare scuro in volto. Ma non potevano immaginare che avesse appena accoltellato l’avvocata. Lui non ha fatto parola di quello che era successo né ha lasciato biglietti. È stato il fratello Renato a fare la terribile scoperta: si è accorto dello scalone in legno appoggiato al fienile. Poi della sagoma del fratello ormai privo di vita. «Non sono arrivato in tempo» continuava a ripetere, disperato. Poco dopo sono arrivati anche i carabinieri, che erano sulle tracce del fuggitivo. Il 53enne lavorava all’ospedale riabilitativo di Motta di Livenza. «Da oltre dieci anni era in servizio nella nostra unità operativa di Riabilitazione Funzionale - spiegano dalla struttura -. Ha sempre svolto il proprio lavoro con professionalità e dedizione». L’ultimo turno lo aveva fatto domenica, senza dare avvisaglie di squilibrio. Ma ieri qualcosa si è spezzato all’improvviso. L’unica spiegazione che i famigliari si danno è che non sia più riuscito a reggere lo stress accumulato.

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Il Gazzettino