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PORDENONE - «Mio padre ha 96 anni. La casa è sua. Da quando ha saputo cos’è successo sta male. È affranto e senza forze». Siamo in via Barcis, Comina alta, quasi San Quirino ma ancora comune di Pordenone. E quello che sta succedendo ha dell’incredibile. Sembra una storia da periferia di una grande città, niente di familiare per il Friuli. Eppure sono i fatti. Il 96enne affranto, infatti, è nel racconto di una figlia - Velia Cassan - che da un giorno all’altro ha visto degli estranei entrare nella casa di proprietà del padre. E occuparla senza alcun titolo. «Tutto è iniziato lunedì», ha raccontato Cassan, che nel 2018 si candidò anche alle Politiche con Liberi e Uguali.
I FATTI
Lo stabile di via Barcis ha due piani. «Uno a terra che ospitava un esercizio commerciale e che ora è vuoto e un altro rialzato che rappresenta invece la proprietà di mio padre», ha raccontato Velia. «Lunedì il titolare di una vicina attività commerciale mi ha contattata per allertarmi: aveva visto le persiane alzate e soprattutto aveva notato delle luci accese all’interno». Eppure quella casa doveva essere vuota. «Mio padre - racconta ancora Velia Cassan - ha infatti deciso di venderla e ha già staccato le utenze».
Dopo la segnalazione, la donna ha scelto di vedere con i suoi occhi cosa stesse succedendo.
LE CONSEGUENZE
«Quando ho capito cosa stesse succedendo - ha proseguito Velia Cassan - ho chiamato immediatamente il numero unico di emergenza, cioè il 112. Mi hanno passato i carabinieri che a loro volta mi hanno consigliato di rivolgermi alla polizia locale di Pordenone». Dopo la seconda chiamata, Velia Cassan ha compreso come solamente con in mano una denuncia si sarebbe mosso qualcosa di concreto. E così ha fatto, mettendo la firma sull’esposto. «Mi hanno però fatto sapere che non sarà tutto immediato, che comunque ci vorranno giorni». Giorni innanzitutto per capire chi siano quelle persone avvistate sul terrazzino della casa del padre. «È vero - ha spiegato la figlia del 96enne - che l’appartamento l’abbiamo liberato e che l’intenzione è quella di venderlo. Ma rimane pur sempre una nostra proprietà. Per mio padre quell’immobile rappresenta i risparmi di una vita. Non poter accedere alla sua proprietà è una violenza. Di sera si nota che la casa è illuminata. Non so che altro dire, sono sconfortata e spero che tutto questo non arrechi conseguenze al mio povero papà, già psicologicamente provato». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino