Abortire è un'odissea: segreterie, lunghe attese e una sola risposta

Abortire è un'odissea: segreterie, lunghe attese e una sola risposta
PADOVA - Telefono alla mano, l'odissea che una donna deve attraversare per portare a termine un'interruzione volontaria di gravidanza, non la si augura davvero a nessuno....

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PADOVA - Telefono alla mano, l'odissea che una donna deve attraversare per portare a termine un'interruzione volontaria di gravidanza, non la si augura davvero a nessuno. Se non equivale al rifiuto esplicito dei medici obiettori, di certo l'iter che una donna deve compiere per portare avanti è a dir poco snervante. Dei 6 ospedali padovani, soltanto quello di Schiavonia ha fornito qualche indicazione, e del tutto approssimativa, per capire come muoversi. Per toccare con mano cosa significhi confrontarsi con il sistema sanitario locale è sufficiente contattare gli ospedali del territorio, presentandosi come una donna in stato di gravidanza già avanzato, e porre qualche domanda.


Partendo dal centralino dell'azienda ospedaliera padovana, si viene rimandati ad un interno dal quale il personale risponde solo nelle ultime due ore del mattino, dalle 10 alle 12, nei primi cinque giorni feriali. Al di fuori di quest'arco temporale, si avvia in automatico una cantilena conosciuta da molti: l'interno non accetta messaggi dagli utenti, si prega di richiamare in orario d'ufficio. Nonostante l'evidente stato di necessità, il personale di turno si limita a passare la segreteria alla quale, ahimè, non risponde nessuno.

Ma non ci si arrende: il sistema ospedaliero deve essere in grado di dare risposte concrete, e immediate, in casi estremi come quello di una donna che ha la necessità di abortire. E che magari lavora e non vuole doversi rintanare in un bagno per non farsi sentire dai colleghi mentre telefona. E così si passa al numero dell'ospedale di Cittadella: «Le passiamo il reparto, signora, attenda». Ma, nemmeno in questo caso, dall'interno arriva una voce amica.
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Il Gazzettino