SALGAREDA (TREVISO) - Troppo facile “neutralizzazione” dei dispositivi di sicurezza per accedere alle zone pericolose della fabbrica, senza altre...
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A conclusione delle indagini preliminari, il Pubblico Ministero titolare del procedimento penale per omicidio colposo, Francesca Torri, ha chiesto il rinvio a giudizio per l’ingegner A. P., 50 anni di San Donà di Piave, in qualità di delegato in materia di salute e sicurezza dal datore di lavoro, iscritto fin da subito nel registro degli indagati, e il Gip, Gianluigi Zulian, ha fissato l’udienza preliminare in camera di consiglio per il 3 ottobre 2019, alle 9, in Tribunale a Treviso. I familiari della vittima, che ha lasciato nella disperazione la moglie, tre figli minori, tre sorelle e un fratello, che peraltro lavora nella stessa fabbrica e che lo ha visto morire sotto i suoi occhi, si aspettano verità e giustizia: per essere seguiti e assistiti, si sono affidati all’avvocato Andrea Piccoli, del Foro di Treviso, e, attraverso il consulente personale Diego Tiso, a Studio 3A.
La tragedia sul lavoro - la tredicesima dell’anno in provincia - all’epoca ha scosso tutta la Marca, anche perché Gashi, originario del Kosovo ma in Italia da 25 anni, dov’era ben inserito, non era un lavoratore inesperto, tutt’altro: era un operaio specializzato con la qualifica di capo-macchina ed era impiegato da quasi un ventennio alla 3B. E infatti, per rivolvere un’anomalia in una delle linee di imballaggio dei pannelli, che era andata in blocco, è toccato a lui intervenire: è entrato all’interno dell’area pericolosa, ma qualcosa non ha funzionato e l’operaio è rimasto schiacciato con il capo tra la pinza di prelievo posta all’estremità del braccio del robot Kuka 1 e la rulliera di alimentazione dei fogli di cartone, riportando lo sfondamento della scatola cranica. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino