LE MANS - Ora o mai più. La Toyota ci riprova ancora una volta alla 24 Ore di Le Mans con una vettura in meno e un Fernando Alonso in più per unire due sogni: quello...
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La TS050 è stata migliorata in ogni singolo particolare, ma soprattutto nel raffreddamento della batteria agli ioni di litio e dei motogeneratori il cui guasto lo scorso anno ha costretto l’unica auto arrivata al traguardo ad una sosta per la riparazione di 2 ore, rivelatesi poi decisive. Il prototipo giapponese appare ulteriormente affinato nell’aerodinamica e mantiene lo stesso sistema ibrido dello scorso anno che viene realizzato presso il centro di ricerca e sviluppo di Higashi-Fuji e poi “sposato” alla vettura che invece viene sviluppata e preparata presso la Toyota Motorsport Gmbh di Colonia dove lavorano 300 persone.
La TS050 è un vero e proprio mostro ibrido a trazione integrale da 1.000 cv, potenza prodotta in parti eguali dal V6 2,4 litri biturbo a benzina e dai due motogeneratori elettrici: uno inserito nel cambio sequenziale a 6 rapporti, posizionato trasversalmente per favorire l’aerodinamica, e uno anteriore. La TS050 pesa 875 kg per regolamento, ovvero 45 kg in più delle LMP1 non ibride che hanno altri vantaggi. Il più importante è la possibilità di utilizzare 52,9 kg di benzina a stint contro i 35,2 della Toyota che deve farsi bastare 124,9 MJ di energia a giro contro i 210,9 delle sue avversarie, ovvero il 69% in meno, e non può consumare più di 80,2 kg di carburante all’ora contro i 110 delle avversarie.
Sono numeri che fotografano un’efficienza impressionante: a conti fatti, vuol dire che la TS050 è più potente del 20% ma consuma il 35% in meno rispetto alla TS020 del 2012 e che, se la Toyota vincesse alla media dello scorso anno, farebbe oltre 3 km e mezzo con un litro di benzina. Viste le potenze in gioco, sarebbe come se una Prius o una C-HR facessero 30 km/litro viaggiando a tavoletta, ma di certo senza raggiungere 340 km/h sul rettilineo dell’Hunadières. Le TS050 possono inoltre contare sull’enorme accelerazione all’uscita dalle curve, ma devono cedere in allungo quando i motori elettrici smettono di funzionare e le non ibride fanno prevalere la maggior potenza delle loro unità termiche, stimata intorno ai 650 cv contro i 500 cv del V6 giapponese.
A Spa-Francorchamps il divario è stato di circa 20 km/h mentre è apparso nullo nel corso del prologo di Le Mans, in entrambi i casi le Rebellion con motore V8 aspirato Gibson – la stessa azienda che fornisce le unità per le LMP2 – si sono dimostrate le concorrenti più temibili per le Toyota che comunque hanno dominato, senza affanni. Ma a Le Mans – l’esperienza insegna – gli avversari più ostici sono le tante insidie della corsa e, soprattutto, se stessi.
La riduzione del numero di vetture e l’arrivo di Alonso hanno causato un rimescolamento delle terne dei piloti. Via i francesi Nicholas Lapierre e Stéphane Sarrazin mentre la vettura numero 7 sarà affidata all’argentino Josè Maria “Pechito” Lopez, al britannico Mike Conway e al giapponese Kamui Kobayashi che lo scorso anno ha conquistato la pole position frantumando il record della pista con un 3’14”791 che vale una media di 251,882 km/h.
Accanto ad un terzetto d’attacco, dotato di estro e fantasia, ce ne sarà un altro dal carattere più pacato e più blasonato che guiderà a turno la numero 8: il due volte campione del mondo di Formula 1 (2005 e 2006), lo spagnolo Fernando Alonso, il giapponese Kazuki Nakajima e lo svizzero Sébastien Buemi, campione di Formula E per la stagione 2 (2015-2016) e campione del mondo WEC nel 2014 su Toyota insieme al britannico Anthony Davidson che, per questa volta, rimarrà in panchina, pronto a subentrare. Ora o mai più. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino