Fiat, ecco come lavorano i 2.000 ragazzi da poco assunti nella fabbrica di Melfi

MELFI - E’ ignorata da internet e tivvù. Disprezzata dai talk show. Messa in un cantuccio dai giornali. Eppure è tornata alla grande sulla scena economica italiana. ...

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Stiamo parlando della Fabbrica, quella con la “Effe” maiuscola, quella nella quale lavorano grosso modo sei milioni di italiani (siamo il secondo paese manifatturiero d’Europa dopo al Germania) e che da qualche tempo, fra la sorpresa di molti, è tornata a offrire qualche opportunità di lavoro e di speranza. Lo afferma anche l’Istat nel rapporto mensile pubblicato ieri: “Le imprese industriali italiane, sia pure con prudenza – sottolinea l’Istituto di statistica nel suo report mensile – continuano a mostrare buone aspettative occupazionali per i prossimi mesi”.

A fare da apripista al “ritorno alla Fabbrica” in Italia sono stati negli scorsi mesi i 2.000 ragazzi assunti nello stabilimento Fiat di Melfi, in Basilicata. Tutti diplomati (300 dei quali con minimo 85) che da agosto dovrebbero gradualmente passare dall’attuale assunzione interinale al nuovo contratto a tutele crescenti.

La sorprendente quantità di assunzioni, dopo anni di cassaintegrazione, è figlia di un doppio salto di qualità dello stabilimento automobilistico. Che alla tradizionale produzione delle piccole utilitarie Punto oggi affianca quella dei suv Jeep Renegade e Fiat 500X. In questo modo una fabbrica che produceva vetture del valore di 10/12 mila euro è passata a produrre automobili vendute a 25/30 mila euro. Non solo. Mentre la Punto era destinata a mercati europei ora le Jeep vengono spedite a migliaia, tramite il porto di Civitavecchia, in America. Che poi, riflettendoci, è un po’ come vendere il ghiaccio agli eschimesi.

Fatto sta che l’aumento del valore aggiunto del prodotto e l’allargamento della rete commerciale Fiat dall'area di 500 milioni di europei a tre miliardi di consumatori globali (in estate partirà l’export anche per l’Indonesia) hanno creato la possibilità di tener aperta la fabbrica lucana 7 giorni su 7, giorno e notte, per 20 turni di 8 ore che fanno 160 ore di lavoro sulle 168 disponibili in una settimana. Quest’anno da Melfi usciranno la bellezza di 400.000 automobili consentendo all’Italia – dopo 25 anni - di tornare ad avere un’industria dell’auto competitiva con quella tedesca e di contabilizzare - solo con questo stabilimento - un aumento di mezzo punto del Pil, pari a circa 8 miliardi di euro.

In Basilicata così è nata la prima fabbrica europea d’auto “a ciclo continuo”, i cui dipendenti lavorano su quattro squadre su tre turni e fra notturni (una settimana al mese) e festivi (una domenica ogni 8) possono contare su buste paga che viaggiano intorno ai 2.000 euro netti al mese e con figli a carico anche oltre.

Già, ma come si lavora in una fabbrica così? Quello delle condizioni di lavoro in fabbrica è un tema incredibilmente poco dibattuto in Italia se non in modo fumettistico e strumentale a base di sparate sullo schiavismo.

Invece le fabbriche viste da vicino sono sorprendenti: pulite e con ritmi di lavoro umani (vedere per credere), l’opposto di quelle del Novecento, sporche, puzzolenti e con gente che si spezzava la schiena o lavorava con le braccia alzate. Una trasformazione non dovuta al “buonismo” dei padroni.

Il fatto è che sta cambiando il modello di business. Come abbiamo visto la Fiat a Melfi ha elevato la sofisticazione del suo prodotto e quindi ora ha bisogno di manodopera qualificata e motivata, in grado di mantenere la qualità del prodotto al massimo livello. Di qui il miglioramento della organizzazione del lavoro. La prova? La fornisce il video “allegato” a questo articolo. Dove l’ingegner Ennio Meccia, responsabile della sezione “montaggio” di Melfi (che occupa circa 4.000 operai) spiega come funziona una moderna catena di montaggio.


Catena progettata assieme, per la prima volta in un grande stabilimento italiano, da ingegneri e gruppi di operai sia a Torino che durante la fase di pianificazione della nuova fabbrica. Questa pianificazione è durata più di un anno e si è svolta in un luogo fisico che si chiama “Work place integration”, luogo dell’integrazione del lavoro, o, in gergo, pilotino. ui sono state progettate e riprogettate le 400 stazioni di montaggio della Renegade e della 500X in modo che gli operai lavorassero senza fatica ma più velocemente. Il risultato è quello che si vede nel video osservando la facilità delle operazioni alle quali sono chiamati gli operai addetti alla linea. Dobbiamo queste immagini inedite alla trasmissione “Agorà” di Raitre che ha visitato la fabbrica assieme al Messaggero e che ringraziamo per la collaborazione e la cortesia.

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Il Gazzettino