Torture nei campi, vere o finte che siano il problema è la stabilità della Libia e i mercanti di uomini

Torture nei campi, vere o finte che siano il problema è la stabilità della Libia e i mercanti di uomini
Egregio direttore, circolano in questi giorni alcuni video che documentano quanto sta accadendo in Libia nei campi di detenzione dei migranti. I pochissimi che li hanno visti...

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Egregio direttore,
circolano in questi giorni alcuni video che documentano quanto sta accadendo in Libia nei campi di detenzione dei migranti. I pochissimi che li hanno visti dicono che contengono sequenze talmente terrificanti che ad un certo punto si è costretti a chiudere gli occhi perché la visione è umanamente insopportabile: persone scuoiate vive con efferata lentezza, decapitazioni, sgozzamenti, mutilazioni, torture, violenze di ogni tipo, percosse e colpi inferti con inaudita ferocia con qualsiasi mezzo atto a procurare il maggior dolore possibile. Anche il Papa, dopo averli visti, è rimasto sconvolto. A costo di essere accusato di sadomasochismo e di ignorare le regole che per ipocrita perbenismo, o per interessata convenienza ne proibiscono la divulgazione, sono invece del parere che quei video, anziché rimanere semi clandestini, andrebbero proiettati in tutti i cinema e messi in onda ripetutamente da tutte la reti televisive in modo da poter esser visti dal maggior numero possibile di persone. Il genere umano non può infatti ignorare e tanto meno tollerare che al suo interno, sia pure da parte di una sua infinitesima minoranza, vi siano comportamenti di tale suprema barbarie. Ma se conosciuti, quei video dovrebbero porre a noi italiani delle ulteriori domande. Come sia razionalmente ancora possibile sostenere la tesi della Libia porto sicuro, indipendentemente dal caos di queste ore; parlare grottescamente di pacchia e di ipotetiche crociere; come sia umanamente proponibile l'ipotesi di rinvio nei luoghi di partenza; come ci si possa lamentare per l'esorbitante spesa di 35 euro per migrante e per fantasiose eccessive comodità elargite con troppa generosità, senza rendersi conto che a chi ha lasciato la propria terra, la propria casa e i suoi affetti più cari, ha intrapreso un lungo e pericoloso viaggio non per sfizio ma per sfuggire alla guerra o alla morte per fame, e alla fine è uscito miracolosamente vivo ma indelebilmente marchiato nel fisico e nell'animo dall'inferno della Libia, nulla e nessuno può garantire loro un adeguato risarcimento. L'unico atteggiamento umanamente e civilmente ammissibile è quello di accostarsi a loro con le lacrime agli occhi, chiedendo umilmente scusa e sperando nella loro misericordia.

Lucio Malfi

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Caro lettore,

come è noto sulla veridicità di quei video e sul fatto che provengano davvero dalla Libia, ci sono molti dubbi, ma non credo sia questo il problema. Le crudeltà e le nefandezze che vengono consumate nei campi di detenzione o nelle carceri di molti Paesi africani (non solo la Libia ma anche la Nigeria per esempio), sono tristemente noti. E non da oggi. Non credo quindi che serva diffondere quei video. Chi ha voluto chiudere gli occhi fino adesso continuerà a farlo anche se le tv, come lei propone, mandassero in onda in modo ossessivo quelle terribili immagini. Perché l'ipocrisia non sta solo nell'ignorare ciò che accade in quei Paesi, ma anche nell'utilizzo politico che si fa oggi di quei video. Qualcuno pensa forse che quelle violenze incredibili dipendano dal numero di immigrati che l'Italia è pronta ad accogliere? Se aprissimo le porte a chiunque vuol entrare nel nostro Paese, forse torture e vessazioni cesserebbero? No, perché quelle violenze sono la conseguenza del meccanismo infernale che è stato creato alimentando, più o meno inconsapevolmente, l'immenso e immondo traffico dell'immigrazione clandestina. Se non si interviene su questo fronte disarmando i mercanti di uomini e i loro complici; se non si lavora per la stabilità politica di quei Paesi, le crudeltà che quei video continueranno a consumarsi esattamente come accade da moltissimi anni nell'indifferenza dei più. La misericordia a cui lei si richiama nella parte finale della sua lettera, deve sempre guidare le nostre scelte. Ma non deve essere un modo per lavarsi le coscienze chiudendo gli occhi di fronte alla realtà. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino