I partiti si agitano, si dividono e litigano. Ma Draghi finge di non accorgersene e fa bene
Caro Direttore, si legge a proposito della guerra interna dei 5 stelle (guerra di idee o di potere ?) che Conte, per stipulare la pace con Grillo, dovrebbe rinunciare tra...
Caro Direttore, si legge a proposito della guerra interna dei 5 stelle (guerra di idee o di potere ?) che Conte, per stipulare la pace con Grillo, dovrebbe rinunciare tra l'altro ad una crisi di governo durante il semestre bianco. Particolare per nulla secondario che dimostra il clima in cui si trovano i partiti, tanto che non mancano i commenti di coloro che considerano le formazioni e movimenti politici del tutto marginali, alla ricerca ossessiva del solo consenso. Dal canto opposto, invece, la linea del governo Draghi trova sempre maggiore sostegno popolare e la convinzione di essere sulla strada giusta anche a livello internazionale. È lecito domandarsi se i partiti siano in grado di cogliere la situazione del Paese, i problemi attuali più importanti e le priorità (la legge Zan?), chiedersi, inoltre, se la democrazia consista nell'esercizio sovente retorico di dispute e di contrapposizioni, oppure nella ricerca concreta di soluzioni e di utili prospettive.
Luigi Floriani Conegliano (Treviso)
Caro lettore,
lei ha ragione, ma mi sembra di poter dire che né le convulsioni interne ai partiti, né gli scontri tra le forze politiche che fanno parte della maggioranza abbiano finora granchè condizionato l'azione del governo. Draghi, da uomo accorto e navigato qual è, è consapevole che tutte le forze politiche, seppur in misura diversa, vivono una stagione di tensioni e cambiamenti e sa anche benissimo che, facendo parte di una maggioranza molto ampia e articolata, i partiti devono in qualche modo marcare la loro identità e il loro territorio. Non vogliono e non possono rinunciare a parlare anche al loro popolo. Draghi lo sa e anche per questo sinora, con poche eccezioni, si è tenuto ben distante dalle polemiche interne ai partiti, dalle loro diatribe e dalle loro esigenze di riposizionamento. Non è disinteresse o disattenzione, ma una precisa strategia per evitare di farsi trascinare nelle polemiche e per tener al riparo l'azione di governo da tensioni e strappi. Qualcuno, tra i leader di partito, sembra averlo capito, qualcun altro meno. Chi in particolare sembra non aver compreso la strategia di Draghi è soprattutto il segretario del Pd Enrico Letta che un giorno sì e l'altro pure cerca di tirare indirettamente la giacchetta al premier. Il suo cavallo di battaglia è la richiesta che Salvini lasci la maggioranza di governo. Parole che in genere trovano come risposta l'eloquente silenzio del presidente del Consiglio.