«Mia figlia: laurea, tre lingue e un contratto da 600 euro al mese». Giovani pagati poco e le responsabilità di tutti: il Covid ha cambiato anche la cultura del lavoro
Caro direttore, da esperienza provata con mia figlia, 35 anni, laureata e tre lingue perfettamente parlate. Ebbene contratto nazionale applicato, 30 ore settimanali, 600 euro...
Caro direttore, da esperienza provata con mia figlia, 35 anni, laureata e tre lingue perfettamente parlate. Ebbene contratto nazionale applicato, 30 ore settimanali, 600 euro netti al mese. Da anni mi chiedo, ma il sindacato in Italia di cosa si occupa?
Luigi D.
Caro lettore, le organizzazioni sindacali hanno sicuramente responsabilità. Ma non mi sentirei di affermare che è esclusivamente colpa loro se oggi ci sono tanti giovani che ricevono stipendi inadeguati. Come non è solo responsabilità di chi fa impresa se molti ragazzi, e non solo, rifiutano lavori che, come nel caso della ristorazione ma anche di alcuni comparti industriali, prevedono orari e turni particolarmente scomodi e faticosi. Credo che le responsabilità per questa situazione siano variamente distribuite. E chiamino in causa non solo i rappresentanti dei lavoratori ma anche i datori di lavoro e la politica, in particolare quella fiscale. Occorre prendere piena consapevolezza che, in particolare dopo il Covid, la cultura del lavoro è profondamente cambiata.
Esiste una sensibilità molto diversa rispetto al passato. Il lavoro, da ampie fasce delle nuove generazioni, non è più percepito come un valore in sé a cui anteporre e sacrificare tutto il resto. C'è una domanda diversa. Da un lato, per le posizioni di lavoro di più basso livello, c'è una crescente difficoltà ad accettare basse retribuzioni e disagi che in passato si giustificavano o si sopportavano con la necessità di fare la "gavetta" o di imparare un mestiere. Dall'altro, per le posizioni a più alto contenuto di competenze, la retribuzione non viene più al primo posto. Si guarda maggiormente alla qualità della vita e alla propria valorizzazione come persona, fuori e dentro all'azienda. Si cercano nel lavoro gratificazioni non più solo economiche. Ebbene, rispetto a queste nuove sensibilità, la sensazione è che in molti settori ancora poco sia cambiato. C'è un forte squilibrio tra domanda e offerta di lavoro che non riesce ad essere colmato. E non lo sarà finché non si prenderà concretamente atto di questo ad ogni livello. Non è un facile. Perché riguarda tutti i soggetti a vario titolo coinvolti nelle dinamiche del mondo lavoro e richiede interventi su molti fronti: salari, orari, contenuti professionali, welfare aziendale e politiche fiscali. Ma è necessario.