Il populismo? Va capito e non demonizzato

Il populismo? Va capito e non demonizzato
Caro direttore, nel linguaggio di numerosi opinionisti politici c'è una parola che, come me, penso lasci perplesse parecchie persone comuni: il populismo. Parola...

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Caro direttore,
nel linguaggio di numerosi opinionisti politici c'è una parola che, come me, penso lasci perplesse parecchie persone comuni: il populismo. Parola entrata nel lessico corrente co un significato chiaramente dispregiativo. Populisti secondo questi signori che distillano opinioni e critiche, sono coloro che arringano folle di persone ovviamente ignoranti.

Farei però notare che nel vocabolario Treccani la parola populismo significa volontà del popolo. Non altro. Questi politici e questi signori che con fare supponente tacciano di ignoranti e di populismo tutti quelli che ragionano diversamente da loro non sanno che la volontà del popolo è sacra e che si chiama democrazia.
Le parole vanno usate con il loro significato corretto!

Franca Tombola
Campo San Martino (PD
)

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Cara lettrice,
nel linguaggio politico e in gran parte della pubblicistica italiana, il termine populismo ha assunto da qualche anno una valenza negativa e, spesso, anche dispregiativa. In realtà questa etichetta viene applicata in Italia e altrove a movimenti politici molto diversi tra di loro, come la Lega di Savini o il Movimento 5 Stelle, ma l'obbiettivo è comune: demonizzare. Il termine populista contiene in sè quasi sempre un giudizio di valore, ovviamente negativo: definire in questo modo un partito o un esponente politico equivale, per molti commentatori, a negargli rispettabilità, se non legittimità, politica.

In realtà spesso dietro questo atteggiamento culturale c'è una spocchia intellettuale e una faziosità non inferiore a quella di certi populisti. Piaccia o meno, il populismo, nelle sue diverse forme, di destra e di sinistra, in Italia come in altri Paesi europei, è una risposta alle angosce e alle paure della globalizzazione, alla sempre più evidente separatezza tra élite e resto della società e alla perdita di un reale radicamento popolare dei partiti tradizionali. Chi lo contrasta, invece di demonizzarlo o di trattarlo con sufficienza, dovrebbe cercare di comprenderne le ragioni e le dinamiche. Magari esercitandosi anche in una sana autocritica. Partendo da un principio: se i partiti populisti raccolgono molti consensi, la colpa non è degli elettori. ma di chi non è in grado di offrire loro valide alternative. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino