La notizia prima di tutto anche se può urtare qualcuno

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Egregio direttore,

non mi è piaciuto leggere sulla prima pagina del Gazzettino di Venezia il titolo "L'ombra del movente gay". Credo sia scorretto e dietro vi scorgo il tentativo di criminalizzare tutti gli omosessuali.



Se ci fosse stato un movente eterosessuale dietro l'omicidio avvenuto alla stazione di Santa Lucia, l'avreste scritto? Anche questa è in fondo una forma di razzismo.

M. R.

Venezia




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Caro lettore,

mi permetta di non essere d'accordo. Sembra che in Italia, per qualcuno, correttezza debba essere sinonimo di ipocrisia. La correttezza, per chi fa informazione, è invece chiamare le cose con il loro nome, anche se questo talvolta è urtante, sconveniente ed è contrario ai sacri principi del politicamente corretto.



Non so se ci sia davvero un movente gay dietro l'omicidio della stazione di Venezia, ma se cosi è penso sia giusto scriverlo in quei termini. E farlo non significa criminalizzare nessuno né condannarlo alla marginalità, ma segnalare un aspetto, non marginale, della vicenda. È singolare che chi chiede per sé libertà e rispetto pretenda poi che i giornalisti si auto-censurino. Qualche tempo fa, e anche oggi, c'era qualche benpensante che, per esempio, si inalberava e tacciava di razzismo strisciante i giornali quando indicavano la nazionalità (straniera) di un malvivente. Un altro esempio di ipocrisia.



La provenienza di un ladro o di un rapinatore è un elemento di notizia. Perché segnala un fenomeno, una realtà. Magari potrà urtare la sensibilità di qualcuno o non far piacere ai sostenitori dell'accoglienza a tutti i costi verso gli stranieri. Ma negarla, anzi censurarla, sarebbe solo un sintomo di coscienza culturalmente sporca e di un malinteso senso della tolleranza. Chi fa informazione sa che le parole sono come pietre e vanno maneggiate con cura. Ma sa anche che più di ogni altra cosa contano i fatti. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino