Brexit, chi ci guadagna? Troppo presto per dirlo

Brexit, chi ci guadagna? Troppo presto per dirlo
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Dopo la Brexit non mi sono perso le manifestazioni verbaiole dei "veri democratici": per esempio il 24 giugno sul Gazzettino l’articolo di Alessandro Orsini. Una presa di posizione che vede, nel popolo, “...l’elettore medio..., che se ha la possibilità di votare, vota contro il mondo per esprimere un sentimento e non un ragionamento”. Per i "veri democratici" il popolo lo prende in quel posto; ma è talmente impreparato che, dicono i "veri democratici" non s’accorge di prenderlo in quel posto e quando vota ”...esprime un sentimento e non un ragionamento”. Lor signori, invece, i filosofi, ragionano in modo superlativo; tanto superlativo che il loro padre Platone previde fin la galera per chi non credeva negli dei; e non mi pare anacronistico il riferimento. Chiedo: che c’è di male a votare secondo i propri interessi? Se questi interessi si sommano fino a formare una maggioranza, saranno i filosofi che hanno sbagliato, non il popolo che non ha capito. Nessuno però si è chiesto: preso atto che i giovani, definiti tanto interessati alla Ue, non hanno partecipato se non in minima parte al referendum, dov’è il loro interesse all’Europa? Quanto poi alla affermazione di altri giornalisti secondo la quale in un mondo globalizzato non c’è alcuno spazio per l’autonomia politica delle piccole nazioni, credo valga la pena di chiederlo alla piccola Svizzera che, con 20/22 referendum all’anno senza quorum, con un sistema di sicurezza sociale che noi nemmeno sogniamo, gelosa della sua piccolezza e della sua reale democrazia, non ha alcuna intenzione di cedere a chicchessia la sua sovranità.


Manlio Padovan
Papozze (Rovigo)


Caro lettore, non c'è nulla di male nel votare a difesa dei propri interessi. Il voto in democrazia serve anche a questo: a dare (o a cercare di dare) rappresentanza politica a interessi individuali e collettivi. Il responso del popolo britannico merita dunque non solo il più totale rispetto ma anche la massima considerazione. Proprio per questo i se e i ma, a questo punto, vanno banditi: la Gran Bretagna ha scelto di chiamarsi fuori dall'Europa e bisogna prenderne atto. Subito e senza incertezze. Da una parte e dall'altra. Da parte della Ue e da parte del governo inglese. I mercati finanziari e la sterlina crollano? L'export britannico rischia di essere penalizzato? Andava messo nel conto. Del resto i grandi cambiamenti non sono mai indolori. Oggi molti applaudono alla Brexit, altri si disperano. Ma il vero quesito è quale sarà il prezzo vero di questa decisione e chi lo pagherà. E queste sono domande a cui né i filosofi della Brexit né i loro avversari sanno dare oggi una risposta. Dunque per capire chi ha votato davvero in difesa dei propri interessi temo occorrerà attendere un po di tempo. E penso che, anche da questo punto di vista, non mancheranno le sorprese. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino