Yara, Bossetti e il falso tumore al cervello: «Finse di essere malato per non lavorare»

Yara, Bossetti e il falso tumore al cervello: «Finse di essere malato per non lavorare»
BERGAMO - Massimo Bossetti avrebbe finto di avere un tumore al cervello per non andare a lavorare. Una rivelazione scioccante, raccontata prima dai suoi ex colleghi, poi...

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BERGAMO - Massimo Bossetti avrebbe finto di avere un tumore al cervello per non andare a lavorare. Una rivelazione scioccante, raccontata prima dai suoi ex colleghi, poi confermata, a quanto pare, da un audio pubblicato da RaiNews, di un colloquio in carcere del muratore bergamasco, accusato di aver ucciso la tredicenne Yara Gambirasio, con la moglie Marita Comi.




“Massi, ma è vero che hai detto che avevi un tumore al cervello?”, gli chiede la moglie. “Certo che è vero, me ne volevo andare, non me ne fregava niente”, l’eloquente risposta di Bossetti. Malattia falsa per avere la possibilità di assentarsi dal lavoro, con la scusa delle cure. Secondo l’accusa, in quelle ore libere Bossetti faceva altri lavori per avere guadagni extra, ma spesso restava anche a casa, davanti al computer.



IL CRIMINOLOGO: BASTA LINCIAGGIO Basta all'operazione di linciaggio nei confronti di Massimo Bossetti. A chiederlo è Ezio Denti, criminologo investigativo parte del pool difensivo del 44enne muratore in carcere dal 16 giugno scorso con l'accusa di aver ucciso la 13enne Yara Gambirasio. La diffusione di un nuovo file audio, - una conversazione intercettata tra l'imputato e la moglie in cui l'uomo in carcere millanta di avere un tumore -, fa scattare la controffensiva della difesa che parla di una «bugia probabilmente pesante, ma certamente insufficiente a fare di un uomo un assassino, né tantomeno idonea a mettere in luce una presunta disonestà nelle dichiarazioni agli inquirenti».



A meno di due mesi dall'inizio del processo - la prima udienza è stata fissata per il 3 luglio -, «non si placa il succedersi di indiscrezioni mediatiche, di vere o presunte prove presentate come verità granitiche e indiscutibili nonostante il loro valore indiziante pressoché nullo e sintomatico di un ormai evidente tentativo di sostituire ad una prova regina sostanzialmente mai esistita una serie di suggestioni inidonee a colmarne il vuoto», spiega il criminologo investigativo. Nella vicenda Bossetti «non hanno mai smesso di susseguirsi una serie di notizie, alcune volte frontalmente lesive della dignità e dei diritti dell'imputato, altre semplicemente banali ed inutili».



La diffusione dell'audio dell'intercettazione sembrerebbe «voler rendere sempre più concreta l'operazione di linciaggio mediatico in corso». Una notizia «che - sottolinea il criminologo investigativo Denti - porta con sé l'amara sensazione di un tentativo di demolire, ad ogni costo, la figura e la credibilità di un imputato. La bugia della quale Bossetti parla con sua moglie nell'intercettazione diffusa, non prima di essere adeguatamente 'tagliata' ad arte era già stata dallo stesso limpidamente dichiarata agli inquirenti nell'interrogatorio dell'8 luglio, al quale Bossetti si era sottoposto di sua volontà».



Per l'esperto che fa parte del pool difensivo dell'imputato accusato dell'omicidio di Yara gambirasio «Se è palese la scarsa pregnanza dell'elemento e palmare l'assenza di qualsivoglia interesse pubblico sotteso, non meno chiaro è ormai il fatto che questo stillicidio di informazioni inutili abbia come finalità primaria quella di ingenerare nell'opinione pubblica la convinzione che l'imputato sia colpevole nonostante il 'ragionevole dubbio', nel caso di specie, evidente». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino