Un'espulsione illegittima. Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Muktar Abliazov, non doveva essere espulsa dall'Italia e il provvedimento di rimpatrio è viziato...
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Frette colpevole C'è stata troppa fretta da parte delle autorità italiane nelle procedure di espulsione e trattenimento di Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Muktar Ablyazov, e non sono neppure state adottate le traduzioni linguistiche affinchè la donna potesse chiarire le condizioni del suo soggiorno in Italia. Lo scrive la Cassazione accogliendo il ricorso della Shalabayeva.
L'irruzione a Casal Palocco Oltre ad aver criticato l'irruzione notturna nell'abitazione di Casal Palocco, la suprema corte rimprovera anche alle autorità - ministero dell'Interno, Prefettura e Questura di Roma - di aver avuto conoscenza «dell'effettività identità» della donna e il fatto che era in possesso non solo di un valido passaporto diplomatico centroafricano ma anche di due permessi di soggiorno efficaci rilasciati dal Regno Unito e dalla Lettonia. Queste circostanze, scrive la Cassazione, unite «all'oggettiva mancanza delle condizioni temporali e linguistiche per poter chiarire in modo inequivoco l'effettiva condizione di soggiorno in Italia» da parte della Shalabayeva «inducono a ritenere del tutto privo delle condizioni di legittimità il titolo espulsivo "ab origine" e, conseguentemente il successivo ordine di accompagnamento coattivo e trattenimento presso il Cie, ancor che di molto breve durata». Shalabayeva in Cassazione è stata difesa dagli avvocati Vincenzo Cerulli Irelli insieme a Riccardo Olivo. Il ministero dell'Interno «in persona del ministro pro-tempore», la Prefettura di Roma nella persona del Prefetto e la Questura rappresentata dal Questore sono stati difesi dall'avvocatura dello Stato.
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Il Gazzettino