Il no di Matteo Renzi a un accordo politico di governo con i Cinque stelle «non è tattica»: i «governisti» del Pd se ne convincono in serata, quando...
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Per fare un governo con il M5s servono tutti i Dem, compatti in Parlamento: al Senato basta il no di Renzi e di una manciata di fedelissimi per renderlo impossibile. Ma i «governisti» Pd non demordono. Giocano fino in fondo la partita, puntando su due fattori per provare ad allargare le truppe: il passare del tempo e la paura del voto. Al Quirinale, così come ai Cinque stelle, viene fatto pervenire il messaggio che per maturare una svolta i Dem hanno bisogno ancora di giorni. La responsabilità verso il paese e il ritorno al voto come rischio reale dopo lo stallo, sono gli argomenti dei dialoganti spesi per convincere i membri della direzione a fare un tentativo serio, senza veti né pregiudiziali. In mattinata Martina sente «personalità» del partito, dopo aver incontrato Romano Prodi la scorsa settimana, ma soprattutto sindaci e presidenti di Regione. E molti di loro, da Nicola Zingaretti a Sergio Chiamparino, da Leoluca Orlando a Beppe Sala, dichiarano che aprire un dialogo è possibile e necessario. È «doveroso», sostiene Franceschini. Sulle formule, aggiunge, si può discutere (ad esempio un appoggio esterno).
Ma all'ora di pranzo, quando la delegazione Pd si riunisce al Nazareno prima dell'incontro con Roberto Fico, si arriva allo scontro: da un lato Maurizio Martina, che è per un'apertura seria, dall'altro Andrea Marcucci e Matteo Orfini, che frenano.
Il Gazzettino