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Pronti i 400 milioni per il rinnovo del contratto della scuola. Sono riprese ieri le trattative con l’obiettivo di chiudere entro un mese. Intanto, è in arrivo dal ministro all’Istruzione, Giuseppe Valditara, l’atto di indirizzo per le risorse da destinare agli aumenti del personale. Ieri nella sede dell’Aran si sono riuniti i sindacati della scuola per il primo incontro del 2023 sul rinnovo del Ccnl del Comparto Istruzione e Ricerca per il triennio 2019-2021 e così, dopo la pausa natalizia, si sono riaperte le discussioni su diversi temi che verranno poi affrontati nei prossimi incontri già calendarizzati.
Gli step
Il presidente dell’Aran, Antonio Naddeo, ha comunicato ai sindacati che è in via di conclusione l’integrazione dell’atto d’indirizzo, da parte del ministro Valditara, per spostare definitivamente sulla retribuzione professionale dei docenti i 300 milioni di euro che l’ex ministro Bianchi voleva destinare invece alla valorizzazione del merito. Si tratta di risorse già stanziate nella legge di bilancio 2022, che ora andranno a finire nel contratto. A questi si aggiungono altri 100 milioni di euro, da considerare una tantum, che dovranno invece finanziare la componente fissa della retribuzione accessoria: 85,8 milioni di euro per gli insegnanti e 14,2 milioni per il personale Ata, vale a dire per tutti gli ausiliari, tecnici e amministrativi in servizio nella scuola, per il 2022. «L’atto di indirizzo - spiega Francesco Sinopoli, segretario Flc Cgil - serve per attuare quanto stabilito nella sottoscrizione dell’Accordo».
Le posizioni
E così si va avanti nella trattativa, il presidente dell’Aran è al lavoro per arrivare quanto prima a una conclusione.
Il rapporto
Dall’Aran, ieri, è stato pubblicato il Rapporto semestrale sui rinnovi contrattuali nel pubblico impiego in cui emerge una evidente disparità tra le retribuzioni dei dipendenti pubblici rispetto a quelle dei privati. Osservando e retribuzioni contrattuali medie annue tra il 2013 e settembre 2022 si nota infatti come quelle dei dipendenti pubblici sono cresciute del 6,7%, a fronte di un aumento dei prezzi nello stesso periodo del 13,8%. I salari del privato invece, ad esclusione dei dirigenti sono aumentati dell’11,6%. Nel settore privato, spiccano le retribuzioni dell’industria che hanno registrato un aumento del 13,2% a fronte del 9,8% per quelle dei servizi.
Oltre alla disparità di salario tra i due settori, pubblico e privato, viene evidenziato anche l’impatto della perdita del potere di acquisto con oltre sette punti percentuali. L’Aran ha sottolineato anche che, fino al 2016, c’è stato il blocco delle retribuzioni nel pubblico impiego: le retribuzioni dei dirigenti pubblici hanno tenuto meglio rispetto all’aumento dei prezzi ma per tutto il resto del personale pubblico la perdita di potere d’acquisto ha sfiorato i 9 punti. La percentuale si sta però assottigliando nell’ultimo periodo,
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Il Gazzettino