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Paolo Bendinelli, il santone fondatore del centro olistico Anidra sulle alture di Genova, non aveva alcuna responsabilità su Roberta Repetto. La morte della donna, che nel centro curò un tumore con tisane e erbe, fu causata dall'asportazione di un neo eseguita con colpa e imperizia da un medico che frequentava quel centro. Così i giudici della corte di appello hanno ribaltato la sentenza di primo grado assolvendo il guru e riducendo la condanna, a un anno e 4 mesi, per il medico bresciano Paolo Oneda.
Il santone
Oneda e Bendinelli in primo grado erano stati condannati a tre anni e quattro mesi. Confermata invece l'assoluzione per la psicologa Paola Dora, compagna di quest'ultimo.
Il processo
Bendinelli dopo la sentenza è uscito dall'aula in lacrime, incredulo, senza dire una parola. «Siamo ultra soddisfatti perché è stata riconosciuta la tesi che sosteniamo da sempre: non c'era nessuna setta - spiegano i suoi legali, gli avvocati Alessandro Vaccaro e Francesca Pastore - Tutto il castello accusatorio si è sciolto come neve al sole. Parla da sola la sentenza che ha detto che il fatto non sussiste. Ricordiamoci che Bendinelli si è fatto un anno e mezzo in carcere». Soddisfatti anche gli avvocati Siriani e Motta, che difendono il medico Oneda. «Riteniamo che sia stata esclusa l'aggravante colpa cosciente e riconosciute le attenuanti». I tre erano accusati di omicidio volontario, violenza sessuale e circonvenzione di incapace.
La sorella: «Non è giustizia»
L'inchiesta era partita a ottobre 2020 quando Roberta è morta all'ospedale San Martino di Genova. Il suo corpo era invaso dalle metastasi di un melanoma curato con tisane zuccherate e meditazione o immersioni purificatrici nel fiume vicino al centro. Le indagini dei carabinieri, coordinati dal pubblico ministero Gabriella Dotto, si erano incrociate con un altro caso segnalato in un esposto dai familiari di una giovane bresciana ospite del centro. Secondo i genitori la figlia sarebbe stata plagiata e costretta ad avere rapporti sessuali con Bandinelli e con gli altri. Per l'accusa a portare donne fragili al centro era la psicologa. Gli ospiti pagavano una quota fissa di cinquemila euro più un contributo volontario. Oltre al denaro, lavoravano per l'agriturismo come camerieri, donne delle pulizie, cuochi, giardinieri, contadini. Il santone avrebbe deciso anche sulla vita sessuale. «Nessuna circonvenzione», hanno sempre sostenuto i tre e anche le ragazze sentite dagli inquirenti. Tesi ribadita anche dai giudici d'appello.
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