Incuria, fatalità e imprevedibile imprudenza: tutti questi elementi potrebbero avere portato alla morte di Richard Mulas, 7 anni, nella piccola piscina alta un metro e 20,...
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Poi l'imprudenza tutta da bambino: la mano infilata nel bocchettone fino a restare intrappolato sul fondo. È attorno a questa ricostruzione che stanno lavorando i carabinieri della compagnia di Siniscola, coordinati dalla Procura di Nuoro, per dare un perchè alla morte del piccolo, mamma dell'Ecuador, dipendente del residence dove il bimbo è morto annegato, e papà di Irgoli, centro di un migliaio di abitanti nel Nuorese. I
l fascicolo è stato aperto per omicidio colposo e sarebbe imminente l'iscrizione dei primi nomi sul registro degli indagati. La sostituta procuratrice Ilaria Bradamante, titolare dell'inchiesta, ha già affidato l'incarico al medico legale dell'ospedale San Francesco di Nuoro per l'autopsia ma l'esame, fissato per oggi, è slittato ai prossimi giorni, pare mercoledì. Gli accertamenti e i sopralluoghi si susseguono: la piscina è stata svuotata per analizzare lo stato del bocchettone dello scarico sul fondo dell'impianto.
Per ammissione del titolare della struttura, Sergio Appeddu, la retina di protezione si era rotta già da qualche giorno, ma non pensava che questo avrebbe rappresentato un problema. «Non è possibile venire risucchiati mentre ci si passa davanti - ha detto - C'è un buco di 40 centimetri e la mano di un adulto lì non ci entra». Gli inquirenti dovranno anche verificare il rispetto delle norme di sicurezza della piscina. Anche se «la Sardegna - spiega il presidente di Federalberghi Paolo Manca - non ha una legge specifica sulle vasche nelle strutture ricettive: la materia è regolata da un accordo Stato-Regioni del 2003 che doveva essere recepito a livello regionale. Ma nell'Isola non è mai accaduto».
Un vuoto normativo nel quale però l'intesa istituzionale fissa alcuni paletti: «l'assistenza ai bagnanti deve essere assicurata durante tutto l'orario di funzionamento della piscina».
Il Gazzettino