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MILANO Una donna immobile, a terra. Con le braccia si copre la testa per proteggersi dai calci e dai colpi di manganello. Davanti a lei, quattro agenti della polizia locale. Immagini forti, violente, che ieri mattina hanno fatto il giro del web, scatenando fiumi di polemiche, scontro politico e indignazione da parte degli utenti. La scena è stata ripresa da una finestra in via Sarfatti a Milano, zona Bocconi, e si conclude con la donna che viene messa a pancia in giù e ammanettata. Un minuto e mezzo di video che, senza alcuna contestualizzazione, si è diffuso rapidamente per l'aggressività mostrata dai vigili nei confronti di una persona completamente inerme, che non tenta di reagire in alcun modo.
LA VITTIMA Si tratta di una trans di 41 anni, di origini brasiliane, che poco prima dell'episodio avrebbe infastidito alcuni passanti, tentando anche di denudarsi davanti a una scuola. La procura di Milano ha aperto un fascicolo, al momento a carico di ignoti, per lesioni aggravate dall'abuso di pubblica funzione: non appena i quattro agenti saranno identificati, i loro nomi verranno iscritti nel registro degli indagati.
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LE REAZIONI La donna è stata denunciata a piede libero per resistenza a pubblico ufficiale e presto verrà sentita dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano per fare luce sull'accaduto. Secondo Daniele Vincini, esponente del sindacato Sulp, «gli agenti sono stati costretti a usare il distanziatore e lo spray per portarla via. Sono pluridecorati e noi siamo al loro fianco, anche con i nostri avvocati se sarà necessario». Sui social la maggior parte degli utenti ha espresso piena solidarietà nei confronti della 41enne - ipotizzando un attacco transfobico e un'eccessiva violenza da parte della polizia nei confronti della donna -, nonostante ci sia stato anche chi ha difeso il lavoro dei "ghisa". Anche la politica, poi, si è divisa sulla vicenda, con il Pd che ha definito il filmato «orribile e intollerabile» e Fratelli d'Italia che si schiera dalla parte dei vigili, sostenendo che «hanno fatto il loro dovere».
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