Una partita complicata, ma che potrebbe risultare decisiva sia per interrompere il flusso delle partenze dalla Libia verso l'Italia, sia per migliorare le condizioni di...
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IL PATTO CON GHEDDAFI
Il governo di Serraj non ha mai nascosto il suo obiettivo finale: far ripartire l'accordo che l'Italia ha siglato nel 2009 con Gheddafi, formalmente mai interrotto, che prevede un programma di investimenti italiani in infrastrutture per complessivi cinque miliardi di euro e nel quale la Libia si impegnava a limitare le partenze e a gestire centri di detenzione per i migranti economici. Tra gli interventi che l'Italia si impegnava a finanziare c'era anche un progetto molto tecnologico, affidato alla Selex, di verifica sugli immensi confini a sud della Libia, buona parte dei quali desertici che in teoria potrebbe essere ripreso. Qui però sta il vero punto politico: il governo Serraj è davvero in grado di tenere sotto controllo il paese e di garantire la sicurezza? «E' un governo ancora molto debole e con profonde difficoltà interne, dove il rischio di dimissioni anche di esponenti di primo piano è all'ordine del giorno - dice Mattia Toaldo, ricercatore senior dell'European council on foreign relations e tra i principali esperti europei di Libia - Se è vero che Serraj controlla la parte del paese dalla quale passano la maggior parte dei migranti economici è altrettanto vero che il controllo spesso è solo formale e la situazione è molto instabile». Difficile avviare lavori per infrastrutture e appalti se ai cantieri non può essere garantita la sicurezza.
I RIENTRI ASSISTITI
Un tema rilevante è quello della detenzione dei migranti in Libia e dei rimpatri volontari. Dopo la caduta del regime, i luoghi di raccolta sono passati in buona parte sotto il controllo di milizie senza regole che taglieggiano i detenuti oltre a violare ogni diritto minimo. Riportare almeno alcuni di questi centri sotto il controllo del governo potrebbe essere un passaggio fondamentale che aiuterebbe anche a sostenere rimpatri volontari di chi arrivato alla fine del viaggio chiede di tornare nel proprio paese. Nel corso del 2016 i numeri dei rimpatri volontari sono cresciuti per tutti i paesi e l'Italia potrebbe essere interessata a sostenerli, qui come a Roma.
IL CONTROLLO DELLE COSTE
Se tenere sotto controllo il territorio libico è complicato, più semplice si è rivelato anche nel corso del 2016 aumentare il pattugliamento delle coste. Un punto che l'incontro tra Minniti e Serraj potrebbe rafforzare e sul quale l'Italia ha già investito in termini di risorse e cooperazione. Nel corso dell'ultimo anno anche la cooperazione tra le guardie costiere ha fatto in modo che fosse la Libia a salvare i migranti che provano ad attraversare il Mediterraneo e a riportarli sul continente. Un intervento che lascia scoperto il delicato tema dei diritti umani, perché non è chiaro il destino, in particolare, di chi fuggiva da guerre o persecuzioni e avrebbe avuto diritto all'asilo umanitario. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino