Messina, uccisa dal marito dopo 12 denunce invano: pm condannati

Messina, uccisa dal marito dopo 12 denunce invano: pm condannati
La Corte d'appello di Messina ha condannato i magistrati che lasciarono nella possibilità d'agire un marito violento, denunciato 12 volte dalla moglie Marianna...

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La Corte d'appello di Messina ha condannato i magistrati che lasciarono nella possibilità d'agire un marito violento, denunciato 12 volte dalla moglie Marianna Manduca, poi uccisa dall'uomo, Saverio Nolfo, 10 anni fa a Palagonia (Catania). La Corte ha stabilito che ci fu dolo e colpa grave nell'inerzia dei pm che, dopo i primi segnali di violenza da parte del marito, non trovarono il modo di fermarlo, nonostante le reiterate denunce della donna. Nolfo, tre figli, è in carcere dove sconta 20 anni per omicidio.


La condanna si rifà alla legge sulla responsabilità civile dei magistrati e riguarda due pubblici ministeri che nel 2007 - quando avvenne l'omicidio di Marianna Manduca, uccisa dal marito Saverio Nolfo più volte denunciato ma senza esito - lavoravano alla procura di Caltagirone (Catania). Insieme ai due pm è stata condannata al risarcimento delle parti civili anche la Presidenza del consiglio dei ministri.

Sarà la Presidenza del consiglio dei ministri a dovere risarcire 300mila euro, in base alla sentenza del Tribunale civile di Messina, i tre figli di Marianna Manduca. Il Tribunale ha applicato la norma sulla responsabilità civile dei due magistrati riconoscendo il danno patrimoniale; all'epoca i due pm lavoravano nella Procura di Caltagirone e non avrebbero fatto quanto in loro potere per evitare il femminicidio in quanto la donna aveva presentato diverse denunce contro il marito che poi la uccise. «È una sentenza importante», dice l'avvocato Licia D'Amico dello studio Galasso, legale di Carmelo Calì, cugino della vittima e padre adottivo dei tre bambini ora adolescenti, rimasti orfani della madre e col padre in galera. «Come prevede la legge sulla responsabilità dei magistrati è stata condannata la Presidenza del consiglio che potrà rivalersi sui magistrati». Uno dei due magistrati è ormai in pensione, la collega invece lavora in un altro Tribunale.
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Il Gazzettino