Mentre in Italia resta ancora infuocata la polemica politica sulla riforma del fondo salva-Stati Mes, in Europa i ministri dell'Economia si siedono attorno a un tavolo per...
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Mes, quel documento di Savona che avvisava dei rischi
Non è detto che all'Italia basti. «C'è una logica di pacchetto, rimaniamo vincolati a questa prospettiva», fa sapere il premier Giuseppe Conte da Londra, rassicurando ancora una volta che difenderà gli interessi dell'Italia e di non vedere rischi. Ma Matteo Salvini non arretra: «Da Bruxelles continuano a dire pacchetto chiuso. E Conte dice invece che è aperto. Non mi stupirebbe l'ennesima bugia, bisogna fermare la firma contro qualcosa che è contro l'interesse nazionale».
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Quando il Mes si chiamava ancora Esm (e non interessava molto)
Il presidente Centeno, entrando all'Eurogruppo, rende esplicita la posizione comune: «Non vediamo ragione per cambiare il testo» del Mes.
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Per il ministro francese Bruno Le Maire, la firma va fatta il prima possibile, su un accordo che peraltro era già chiuso dopo parecchi mesi di negoziato. Per il commissario agli affari economici Paolo Gentiloni, al suo primo Eurogruppo, il Mes non va ritardato. «È questo il momento giusto per fare passi avanti» sia sul fondo che sull'Unione bancaria, perché «abbiamo lasciato alle spalle il momento di crisi più difficile e non siamo certi di come si svilupperà la situazione economica nei prossimi anni». E rassicura gli italiani sulla riforma che «non danneggia né l'Italia né nessuno». Gentiloni mette però in guardia sul terzo e ultimo pilastro dell'Unione bancaria, lo schema di assicurazione dei depositi: «Mi auguro che l'avvio della discussione sui depositi bancari (Edis, ndr) sia fatto col piede giusto». Al momento, infatti, sul tavolo c'è ancora la proposta tedesca che comprende una diversa valutazione del rischio dei titoli di Stato detenuti dalle banche.
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Anche il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco rassicura sulla riforma del Mes, perché introduce modifiche «di portata complessivamente limitata». La riforma, insiste, non prevede né annuncia un meccanismo di ristrutturazione dei debiti sovrani. «Come nel Trattato già in vigore, non c'è scambio tra assistenza finanziaria e ristrutturazione del debito. Anche la verifica della sostenibilità del debito prima della concessione degli aiuti è già prevista dal Trattato vigente. Ô una clausola a tutela delle risorse dell'ESM, di cui l'Italia è il terzo principale finanziatore». Inoltre «viene confermata l'esclusione di qualsiasi automatismo nelle decisioni circa la sostenibilità dei debiti pubblici e di un eventuale meccanismo per la loro ristrutturazione». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino