I dipendenti pubblici potranno andare in pensione anticipata soltanto da settembre del 2019. Slitta ancora in avanti la “finestra” riservata agli statali per poter...
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GLI EFFETTI
Ci sarà anche un effetto sui costi della misura. Nella manovra, che ieri è arrivata in Parlamento, sono previsti 6,7 miliardi di euro per la riforma delle pensioni per il 2019. Con questi correttivi la somma effettivamente necessaria a coprire il 100% degli aventi diritto, sia pubblici che privati, scenderebbe a 5 miliardi di euro. Ma il governo stima che non tutti utilizzeranno le finestre di «Quota 100» per lasciare il lavoro. Una stima prudenziale che circola tra gli addetti ai lavori, è che ad approfittare dell’anticipo sarà circa il 70% di tutti coloro che matureranno i requisiti. E questo ridurrebbe l’esborso il primo anno a 3,5 miliardi di euro. Nel testo definitivo della manovra, inoltre, è stata inserita una «clausola di salvaguardia» che prevede che le somme risparmiate per reddito e pensioni rispetto agli stanziamenti, verranno fatte slittare all’anno successivo, fermo restando però il limite complessivo del fondo stabilito in 16 miliardi. Nei fatti significa che i soldi non spesi andranno a ridurre il deficit pubblico. Nella manovra, intanto, non entrerà il taglio alle pensioni alte, quelle sopra i 90 mila euro. Ci sono ancora divisioni tra Lega e Cinque Stelle. Tutto rimandato ad un emendamento in Parlamento. Mentre è saltata, tra le polemiche interne al governo, la norma chiesta dal Campidoglio per ottenere 180 milioni per le buche di Roma. Intanto è arrivata anche la relazione tecnica, da cui emerge che la dotazione per l’introduzione del “reddito” è di 9 miliardi l’anno, ma nel 2019 la maggiore spesa sarà di 6,8 miliardi, il resto arriva dai fondi già stanziati. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino