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«La rivendicazione dell’Isis della terribile strage di civili a Kerman è un promemoria, ci ricorda che al di là del conflitto tra Hamas e Israele e dei rischi di allargamento della guerra nella regione causati dalle milizie vicine all’Iran, nel Golfo e alla frontiera nord di Israele, c’è nell’Islam una sorda e tragica guerra tra musulmani», spiega l’ambasciatore Stefano Stefanini, già rappresentante dell’Italia presso la Nato ed ex consigliere diplomatico del Presidente Napolitano. «L’Isis - dice - è la forma più estrema e crudele del fanatismo sunnita, mentre l’Iran è il portabandiera dell’Islam sciita. È un confronto interno all’Islam passato in secondo piano dopo il 7 ottobre, quando è emerso il supporto dell’Iran sciita a un movimento sunnita come Hamas. Ma la faida inter-musulmana continua».
Teheran non aveva subito puntato il dito contro Israele?
«Per gli iraniani, e non solo per il regime, accusare Israele è stata una reazione pavloviana contraria all’evidenza. Israele sta perseguendo una guerra ibrida e non si fa scrupolo di colpire capi di Hamas o Hezbollah con omicidi mirati, come a Beirut il numero due di Hamas. Ma quanto è successo a Kerman è terrorismo allo stato puro. Israele queste cose non le fa. Che gli iraniani ne fossero convinti almeno fino alla rivendicazione dell’Isis, non solo a fini propagandistici e di regime, dà la misura del livello della loro “non conoscenza” di Israele, e della mentalità complottista del Grande satana e del Piccolo satana, Usa e Israele, che pervade il regime iraniano».
Ma il leader di Hezbollah in Libano, Nasrallah, si è astenuto finora dall’entrare apertamente in guerra con Israele
«I danti causa iraniani non vogliono aprire un conflitto con Israele, perché gli Usa hanno lanciato il messaggio a Hezbollah che l’apertura di quel fronte avrebbe portato a una risposta americana, o per il calcolo iraniano di cavalcare la crisi senza però ritrovarsi direttamente in guerra».
C’è chi sostiene che Israele e americani dovrebbero attaccare l’Iran
«Quando nel 2003 Bush jr.
Quale disegno persegue Teheran?
«Non sappiamo se abbia avallato la carneficina del 7 ottobre. Ma certo ha fornito ad Hamas una capacità offensiva. Il suo disegno strategico potrebbe essere solo quello di creare un fronte sciita nel nord del Medio Oriente tra Libano e Siria, oltre a contare su minoranze sciite importanti nei Paesi del Golfo. Il continuo confronto esterno con Israele e Usa è utile al regime per restare in sella, contro una società civile che resiste e si ribella alle imposizioni teocratiche».
E qual è il disegno di Israele?
«Quello degli israeliani è eliminare la minaccia di Hamas e tornare alla situazione pre-7 ottobre, riprendendo un rapporto cooperativo con gli Stati arabi sunniti. Ma questo impone a Israele di affrontare la questione dei due Stati. Gli israeliani ragionevolmente dicono che adesso non è il momento, eppure era già una condizione del dialogo con l’Arabia Saudita e ora è ancora più necessario. Netanyahu, invece, non ha alcuna intenzione di dar vita a uno Stato palestinese. Essere il capo di una grande guerra patriottica che porti all’annessione di Giudea e Samaria, come gli israeliani chiamano la Cisgiordania, può essere il suo modo di far dimenticare le responsabilità negli errori madornali di sicurezza commessi il 7 ottobre. Non credo che gli israeliani glielo consentiranno, ma Netanyahu è il leader che per restare al potere si è alleato con tutti ed è capace di tutto». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino