Carlo Nordio: «Un indagato non è obbligato a dimettersi»

Carlo Nordio
E così, il governo non chiederà le dimissioni al viceministro e ai tre sottosegretari indagati. " L' avviso di garanzia - ha detto il ministro Boschi - è un atto dovuto....

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E così, il governo non chiederà le dimissioni al viceministro e ai tre sottosegretari indagati. " L' avviso di garanzia - ha detto il ministro Boschi - è un atto dovuto. Non un'anticipazione di condanna".




Sono parole sagge, e persino ovvie; ma se la saggezza è merce rara, il genio dell'ovvio, come lo definiva Pascal, è addirittura sparito. L'ovvietà, come la troppa luce, abbaglia, e il cervello si offusca. Tant'è vero che le anime belle dei giustizialisti, hanno replicato al ministro con fermezza angosciata. Per capire i termini del problema sarà utile una modesta lezioncina di procedura. Chiedo scusa ai tecnici del mestiere se non mi esprimerò in giuridichese: l'importante è che il lettore capisca.



Dunque , il malcapitato che cada nella rete della giustizia penale può trovarsi in quattro condizioni: 1) di indagato, perchè semplice oggetto di indagini 2) di imputato, perchè il P.M. ne ha chiesto il processo 3) di condannato in via provvisoria, perchè la sentenza è stata impugnata 4) di condannato definitivo, perchè la sentenza è passata in giudicato.



A rigor di logica, solo chi si trova in quest' ultima situazione è colpevole a tutti gli effetti; l'esempio più noto è quello di Silvio Berlusconi per i quale, tra poco, scatterà l'esecuzione della pena. Al contrario, per il caso nr 3), sarà bene ricordare quante persone siano state condannate in primo e secondo grado, e poi scagionate. Da ultimo il generale Pollari, ex capo del Sismi, prima assolto, poi condannato a una decina d'anni di galera, e infine prosciolto definitivamente dalla Cassazione, dopo una severa reprimenda fattale dalla Corte Costituzionale sui vincoli del segreto di Stato. Non ci si chieda di spiegare il perchè di un simile pasticcio. Sta di fatto che in dieci anni di calvario la carriera del generale è stata ingiustamente distrutta e la sua vita rovinata. Ma naturalmente non ne risponde nessuno.



I casi 1) e 2) sono i piu semplici: non essendoci ancora una decisione, nemeno provvisoria, dovrebbero essere privi di conseguenze. Anche se una differenza c'è : che mentre per l'imputato si è già espressa la Procura della Repubblica, chiedendone il giudizio, per il l' l'indagato non c'è niente di niente. Anzi, al momento della ricezione della famigerata informazione di garanzia il destinatario dovrebbe quasi rallegrarsi, perchè lo Stato lo garantisce (appunto!) contro indagini subdole e segrete. L'iscrizione nel registro degli indagati è , come giustamente ha detto la Boschi, un atto dovuto: se Tizio viene denunciato da Caio, o se comunque dagli atti emergono indizi di sospetto, il Pm è obbligato a darvi seguito. Pertanto, se si accettasse la tesi delle dimissioni obbligatorie, la vita politica di ministri, parlamentari, sindaci eccetera dipenderebbe non solo dai doveri del PM, ma persino dal capriccio di qualche solerte denunciante. Per esperienza personale, posso dire che ogniqualvolta ho iscritto una personalità pubblica nel registro degli indagati sono stato colto da angoscia e irritazione: perchè la legge mi imponeva di danneggiare un cittadino con un atto che avrebbe invece dovuto tutelarlo.



Questa storia va avanti da vent'anni, e si ripropone quotidianamente per una ragione ignobile: che i politici, quando sono incapaci di raccattar consensi con i mezzi ordinari, tendono a profittare della spada giudiziaria per colpire l'avversario. Come diceva Churchill, aspettano che il coccodrillo mangi il vicino, senza sapere che, alla fine il coccodrillo mangerà anche lui. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino