Infarto, arresto cardiaco più letale per i contagiati dal Covid: per le donne rischio morte 9 volte maggiore

I pazienti Covid-19 che subiscono un arresto cardiaco hanno molte più probabilità di morire rispetto ai pazienti che non sono infetti da coronavirus. E questa...

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I pazienti Covid-19 che subiscono un arresto cardiaco hanno molte più probabilità di morire rispetto ai pazienti che non sono infetti da coronavirus. E questa probabilità arriva a essere 9 volte maggiore nelle donne. A rivelarlo è una ricerca pubblicata sull'European Heart Journal e condotta da ricercatori dell'Università di Goteborg, in Svezia. Lo studio ha incluso 1.946 persone che avevano subito un arresto cardiaco fuori dall'ospedale (di cui il 10% era paziente Covid) e 1080 che ne avevano subito uno in ospedale (di cui il 16% era paziente Covid) tra il primo gennaio e il 20 luglio. I pazienti con coronavirus che avevano avuto un arresto cardiaco fuori dall'ospedale avevano un rischio aumentato di 3,4 volte di morire entro 30 giorni, mentre i pazienti con arresto cardiaco avvenuto in ospedale avevano un rischio aumentato di 2,3 volte di morire entro 30 giorni.

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Lo studio

Quando hanno confrontato i casi avvenuti pre-pandemia (dal primo gennaio al 15 marzo), con quelli avvenuti durante la pandemia (dal 16 marzo al 20 luglio), i ricercatori svedesi hanno scoperto che il rischio complessivo di morire a seguito di un arresto cardiaco fuori dall'ospedale, durante la pandemia risultava aumentato di 4,5 volte per gli uomini e di oltre il 30% per le donne. Il rischio di morire dopo un arresto cardiaco verificatosi in ospedale nel periodo pandemico, era aumentato invece del 50% negli uomini e più di 9 volte nelle donne. I dati, afferma Pedram Sultanian, primo autore dello studio, «mostrano chiaramente che l'arresto cardiaco e il Covid-19 sono una combinazione molto letale. I pazienti con il coronavirus dovrebbero essere monitorati intensivamente e dovrebbero essere adottate misure per prevenire eventi cardiaci, ad esempio con l'uso di monitor cardiaci continui per i pazienti ad alto rischio».

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Il Gazzettino