Gianni De Michelis, chi era l'ex ministro degli Esteri

Gianni De Michelis, chi era l'ex ministro degli Esteri
Gianni De Michelis, morto l'11 maggio 2019, inizia la sua carriera politica nel 1964 con l'elezione a consigliere comunale del capoluogo veneto e con il successivo...

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Gianni De Michelis, morto l'11 maggio 2019, inizia la sua carriera politica nel 1964 con l'elezione a consigliere comunale del capoluogo veneto e con il successivo incarico di assessore all'Urbanistica. Nel 1969 diviene componente della direzione socialista e poi responsabile nazionale dell'organizzazione del partito. Ricopre più volte l'incarico di ministro: alle Partecipazioni statali nel secondo governo Cossiga e nel governo Forlani, riconfermato alla guida dello stesso dicastero nei governi Spadolini e nel V governo Fanfani. Diventa poi ministro del Lavoro e della previdenza sociale durante i due governi presieduti da Craxi.



Nel governo De Mita è vice presidente del Consiglio e ministro degli Affari esteri nel VI governo Andreotti nel 1989, anno della caduta del muro di Berlino e della conseguente riunificazione tedesca, che De Michelis considera «la pietra angolare sulla quale costruire il nuovo edificio di un'Europa unita». Da ministro degli Esteri deve affrontare l'invasione del Kuwait da parte dell'Iraq il 2 agosto 1990. L'Onu impone l'embargo economico al Paese invasore e nell'ambito di questa iniziativa l'Italia manda tre navi nel Golfo Persico, cui si aggiungono otto aerei da guerra e una fregata. Nell'aprile 1991 Andreotti, alla guida del suo VII governo, riconferma De Michelis alla Farnesina.Sempre da ministro degli Esteri, De Michelis ha firmato per l'Italia il Trattato di Maastricht. Molti tuttavia lo ricordano per le sue passioni mondane: amava andare in discoteca, corteggiare le donne e portava i capelli lunghi.
 


Dopo il coinvolgimento in Mani Pulite e il ritiro dalla politica attiva, viveva ai Parioli circondato dai libri. Suo il motto più volte citato: «La cultura è il petrolio d'Italia e deve essere sfruttata». Sui motivi che permisero la nascita di Mani pulite ha spiegato: "Certi comportamenti la gente li accettava perché voleva evitare che i Cosacchi arrivassero a San Pietro. Ma quando fu chiaro che i Cosacchi non c'erano più, noi avremmo dovuto adeguarci. Io pensai che in un paio di anni avremmo potuto correggere tante cose. Invece non ci fu il tempo perché tutto precipitò molto più rapidamente. L'ombra di Yalta si proiettò oltre Yalta e i postcomunisti ne approfittarono. Visto che non erano capaci di mandarci via col dissenso che i nostri comportamenti avrebbero dovuto o potuto creare, ci fecero fuori un po' prima e con altri sistemi". E ancora: "Non possiamo permettere alla magistratura di occupare il posto della politica". Molti, giocando con la sua passione per la discoteca e con le disavventure giudiziarie che ha avuto, lo chiamavano "Avanzo di balera". Lui né sorrideva. Dall'altra della sua indubitabile capacità politica e sapienza culturale. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino