Il portiere Davide Capello: «Ho fatto un volo di 50 metri, era un film dell’Apocalisse»

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Pompiere nella vita, calciatore di serie C ormai per passione, da ieri mattina Davide Capello, 33 anni, è anche l’uomo del miracolo. Quello che è precipitato giù per cinquanta metri dal “ponte di Brooklyn” di Genova e ne è uscito illeso, con qualche graffietto. Sfiorare la morte, dice, è come andare sulle montagne russe: «Ho sentito un botto e un gran vuoto che mi tirava giù, la stessa sensazione del Lunapark. Solo che credevo di morire». Poi, racconta, «sono riuscito ad uscire dalla macchina grazie all’aiuto di un collega, e sono arrivati i soccorsi. È stata una scena apocalittica, da film. Non posso che ritenermi molto fortunato, è stato un vero e proprio miracolo».


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LA RICOSTRUZIONE
È in fila sul viadotto Morandi, traffico intenso e una pioggia monsonica. Si vede poco e nulla, solo che Davide deve andare da Savona, dove vive, a Genova per fare le ultime commissioni prima di ferragosto. Tuoni, acqua, un ultimo rumore più vicino e poi un enorme boato: la sua macchina viene giù. Assieme al ponte: «Un volo lunghissimo, infinito ero sicuro che fosse la fine». 
In realtà, Davide non cade nel punto più profondo ma all’inizio del crollo e lontano dal pilone che ha schiacciato macchine e case. Mentre è incastrato chiama il padre, Franco: «Babbo è precipitato il ponte, io stavo passando e sono caduto con l’auto. Non ti preoccupare sono salvo». Il padre, incredulo: «Davide se riesci a muoverti prova a uscire». Poco dopo, mentre ancora cerca di trovare una posizione per passare, Davide sente due mani che lo tirano fuori. È un collega, un vigile del fuoco come lui: «Sono riuscito ad uscire e mi sono allontanato. Ero frastornato. Continuava a piovere e intorno a me sentivo urla e gemiti, avrei voluto dare una mano anch’io ma mi sentivo completamente disorientato». 
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Il Gazzettino