Elly Schlein, la prima sfida è alle correnti pd: subito il cambio delle due capigruppo

Serracchiani e Malpezzi potrebbero lasciare. Un'incognita il ruolo dei "big" che l'hanno appoggiata

Elly Schlein, la prima sfida è alle correnti pd: subito il cambio delle due capigruppo
La prima sfida, più che al governo Meloni (che pure Schlein evoca nel suo primo discorso, nella notte, da segretaria del Pd) sembra rivolto alle correnti interne del Pd. E...

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La prima sfida, più che al governo Meloni (che pure Schlein evoca nel suo primo discorso, nella notte, da segretaria del Pd) sembra rivolto alle correnti interne del Pd. E anche a quei capibastone che, da Franceschini ad Orlando, passando per Zingaretti, l’hanno sostenuta in questa campagna elettorale delle primarie. La parole d’ordine è «cambiamento». Del Paese sì, certo. Ma (soprattutto?) del partito.

 

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In quel «c’è un chiaro mandato per cambiare», molti leggono in chiaroscuro le prime mosse della nuova segretaria. Azzeramento al Nazareno? Molti sono pronti a scommettere che sarà così. Che le vecchie correnti saranno ridimensionate. «È il cambiamento che ci chiede il nostro popolo», ripetono i suoi. A cominciare dalle due capigruppo, Debora Serracchiani e Simona Malpezzi. Espressione di un «vecchio Pd», secondo gli uomini più vicini a Schlein. E, oltrettuto, schierate entrambe con Bonaccini al congresso. 


Il cambiamento, insomma, partirà da qui. Possibile che a guidare le truppe dem a Montecitorio sia indicato Marco Furfaro, deputato toscano tra i primi a scendere in campo per Elly. Così come un ruolo di peso nel “nuovo” Pd potranno averlo altri volti giovani, da Chiara Gribaudo alla responsabile Ambiente dem Chiara Braga, entrambe schierate a suo sostegno. Mentre andrà chiarito il ruolo dello stesso Bonaccini, che si è detto disponibile a «dare una mano». Nel fronte degli sconfitti però, c’è chi cita una massima del Gattopardo: «Cambiare tutto perché nulla cambi davvero». Eccolo, il timore che serpeggia nell’ala riformista del Pd. Che come nel romanzo di Tomasi di Lampedusa, «tutto cambi affinché tutto resti com’è». Ossia che con Schlein, la vecchia nomenclatura del Pd continui a governare il partito.

 


In campagna elettorale, Bonaccini più volte aveva attaccato sul sostegno alla deputata da parte della vecchia guardia dem. Franceschini, Orlando, Provenzano: tanti i protagonisti dell’apparato schierati con lei. «Non ho padrini», ha ripetuto più volte lei, «nessuno si aspetta niente». «Ora vedremo se è davvero così», pungono a tarda sera dall’ala moderata dei dem. Dove nessuno crede davvero che i capibastone che hanno aiutato la paladina di OccupyPd nella missione del “sorpasso” non avranno la tentazione di passare all’incasso. 


NODO ALLEANZE


Altro fronte caldo è il capitolo alleanze. Schlein non ha mai fatto mistero di guardare più in direzione dei Cinquestelle che del Terzo polo: più a sinistra, insomma, che al centro. Ed è con il Movimento di Giuseppe Conte che si accenderà la sfida ai consensi, ora. «Adesso è presto per affrontare questa discussione – ribadiscono dal comitato della neosegretaria – Ci penseremo quando sarà il momento». Per qualcuno però, il verdetto è già scritto: «Auguriamoci di non consegnarci ai grillini», è la sconsolata speranza di un esponente di lungo corso del “partito” Bonaccini. Tra cui c’è anche chi se la prende con le regole del congresso: «Gli iscritti hanno votato Bonaccini. Siamo l’unico partito che va contro quello che hanno deciso con una schiacciante maggioranza i propri tesserati. Legittimo, ma bisogna prenderne atto». 

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Il Gazzettino