C'è la sindrome di Hong Kong dietro la Grande Frenata di Giuseppe Conte. Ricordate appena martedì scorso, subito dopo la videconferenza tra mezzo governo e il...
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Coronavirus, in Italia tutto chiuso almeno fino al 3 maggio: poi parola ai prefetti
Oggi, invece, Conte varerà un nuovo Dpcm che va nella direzione opposta. O quasi. Riapriranno le cartolerie per rifornire di quaderni e penne le famiglie che, chiuse in casa ormai da un mese, non riescono neppure più a far fare i compiti ai bambini. E riaprirà qualche attività collegata alle produzioni considerate essenziali come la farmaceutica e l'agroalimentare. Per il resto tutto chiuso. Sbarrato. Non con uno step di 14 giorni, com'è avvenuto finora. Ma addirittura di 3 settimane, perché ci sono i ponti del 25 aprile e del 1 maggio che fanno paura.
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Questo perché, appunto, su palazzo Chigi aleggia lo spettro di Hong Kong: la ricaduta nel tunnel dell'epidemia, come è accaduto nell'ex colonia britannica che ha deciso troppo presto di allentare il lockdown e alla fine le autorità cinesi sono state costrette a richiudere tutto. «Ciò che è accaduto a Hong Kong», spiega una fonte di rango che ha seguito nelle ultime ore la stesura del Dpcm, «è stato a lungo analizzato e dibattuto.
Non a caso ieri Conte, parlando con i governatori e con le parti sociali ha più volte ripetuto: «Dobbiamo essere molto prudenti per non vanificare tutti i sacrifici compiuti finora...». Tutti sbarrati, dunque, fino al 4 maggio in casa. Se non oltre. Anche perché nelle ultime ore su palazzo Chigi sono piovuti gli allerta del Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc): «E' troppo presto per iniziare a ridurre le misure di distanziamento». E dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms): «Non è il momento di allentare le misure, anzi bisogna triplicare gli sforzi». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino