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«Torno semplice cittadino», disse cinque mesi fa Giuseppe Conte lasciando Palazzo Chigi. Ieri mattina l'avvocato di Volturara Appula ha nuovamente varcato quel portone con la stessa commozione di quel sabato di metà febbraio, ma con un pizzico di nostalgia mitigato dalla convinzione di colui che, per dirla con Franco Califano, «non escludo il mio ritorno».
Conte, sostegno a Draghi: ma sulla giustizia ottiene solo correzioni tecniche `
IL VOTO
Per ora però a Palazzo Chigi c'è Mario Draghi, senza contare che di ex premier che guidano un partito, e che covano nel quasi segreto analoga aspirazione, ce ne sono altri due in maggioranza: Enrico Letta e Matteo Renzi. Senza contare che Conte, formalmente, non si è ancora insediato alla guida del M5S e nell'ufficio di Campo Marzio, perché non ha avuto «il plebiscito» che confida di raccogliere nell'imminente voto online. Ma poiché Draghi non solo è un signore, ma ha maturato anche il dubbio che Conte orienti molte delle scelte del Pd a trazione Ds, le porte dello studio che fu per un paio d'anni dell'«avvocato del popolo» si sono spalancate. Quaranta minuti in tutto, al lordo dei convenevoli, non sono tempo sufficiente per fare tutto ciò che avevano minacciosamente promesso gli strateghi del contismo facendogli ripetere, stavolta forse con minori conseguenze, il bluff che lo mandò a sbattere sulla mozione di sfiducia al ministro Bonafede, poi nella caccia ai tanti volenterosi pronti a sostenere il ter e di recente nel minacciare una scissione del M5S.
A Conte piace il potere e ad esso è pronto a sacrificare la sua carriera universitaria, il suo studio da avvocato che, 730 alla mano, rendeva più di Palazzo Chigi. Ma Draghi ha studiato nella Eton romana dei gesuiti, il liceo Massimo, dove insegnano a gestire il potere senza darlo a vedere. Conte ha frequentato Villa Nazareth per poi arrivare all'università di Firenze in attesa di essere convocato dal suo assistente «gratuito» Alfonso Bonafede, leader dei no-tav fiorentini. La conclusione del suo secondo governo sembra già lontana nel tempo. Così come le lacrime di Rocco Casalino e il banchetto issato qualche giorno prima dell'addio davanti Palazzo Chigi.
«Torno semplice cittadino, ma il mio impegno prosegue», disse l'ultimo giorno salutando i dipendenti che lo applaudivano dalle finestre di palazzo Chigi forse anche perché si concludeva la stagione dei consigli dei ministri notturni, delle riunioni serali per prendere tempo, dei comitati per non decidere. A palazzo Chigi per incontrare Draghi, e parlare della riforma della giustizia, ieri è salito l'ex tecnico che un ex comico ha posto alla guida del primo partito italiano ed è uscito a mani vuote sia come tecnico che come politico. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino