Nei 20 anni passati alla guida del Credito cooperativo fiorentino (Ccf) Denis Verdini non fu solo il 'dominus' dell'istituto, che aveva la sua sede a Campi Bisenzio...
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Per Verdini e per alcuni degli altri imputati l'accusa era, tra altro, di bancarotta fraudolenta e truffa ai danni dello Stato per i contributi dell'editoria arrivati alla Ste, la società che pubblicava Il Giornale della Toscana, il quotidiano riconducibile proprio al senatore, insieme a Massimo Parisi, deputato del suo partito (entrambi all'epoca erano in Forza Italia), condannato a 2 anni e 6 mesi.
Quanto successo al Ccf e alla Ste, o nelle altre società legate al settore dell'editoria, comunque tutte gestite da Verdini che secondo i giudici aveva fatto creare anche una cooperativa, per la verità poco c'entra con la politica, o almeno così appare nelle 704 pagine, ma piuttosto alle scelte di Verdini di portare la banca a finanziare il settore edile (oltre il 52% dl credito) e, soprattutto, la Btp di Riccardo Fusi e Roberto Bartolomei (condannati a 5 anni). Una società, anzi «un gruppo», scrive ancora il collegio giudicante (presidente il giudice Mario Profeta), sposando così una delle tesi dell'accusa sostenuta nel processo di primo grado dai pm Luca Turco e Giuseppina Mione. E ciò nonostante, la «precarietà» del gruppo Btp, «sempre sul filo del rasoio», finanziato con operazioni «rischiose, viziate da una scelta ostinata, consapevole e testarda».
Tanto che, quando Fusi e Bartolomei vennero abbandonati dalle banche più importanti - si legge ancora nelle motivazioni -, «per Ccf si aprirono le porte dell'inferno».
Il Gazzettino