ROMA - Installare un software sul telefonino di qualcuno per spiarlo, è un reato e porta alla condanna anche nel caso in cui lo spionaggio non vada a buon fine se, ad...
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Lo sottolinea la Cassazione confermando la condanna, di entità non specificata, per «installazione di apparecchiature atte a intercettare» - art. 617bis del codice penale - nei confronti di Antonio V., marito salernitano di 57 anni, che aveva messo nel cellulare della moglie, Luisa M., uno spy-software «idoneo a intercettarne le comunicazioni telefoniche». La donna era stata avvisata dal figlio.
Davanti ai supremi giudici, Antonio V. si è difeso sostenendo che non aveva commesso un reato dal momento che la moglie era stata allertata della 'cimicè. Il suo legale ha concentrato l'arringa dicendo che si trattava di un reato «scriminato dal consenso», dato che «la destinataria delle intrusioni era stata informata dal figlio dell'installazione del software sul proprio cellulare, e, perciò, non aveva in concreto subito alcuna lesione della propria libertà di comunicazione». Inoltre, il legale ha sostenuto che un programma software non poteva essere equiparato alle apparecchiature o agli strumenti per intercettare la cui installazione abusiva è punita dalla legge.
Per la Cassazione, le deduzioni difensive «in ordine all'assenza di una effettiva lesione della libertà delle comunicazioni» sono «prive di rilievo, perchè si riferiscono ad una situazione (la captazione delle comunicazioni telefoniche) che rappresenta un post-factum rispetto al momento di consumazione del reato, coincidente con l'installazione del software».
Il Gazzettino