Canone Rai in bolletta, il Consiglio di Stato boccia il decreto: diverse criticità

Canone Rai in bolletta, il Consiglio di Stato boccia il decreto: diverse criticità
Dalla mancata definizione di «apparecchio televisivo», ai fini dell'applicazione del canone rai, all'assenza di garanzie sul rispetto e tutela della privacy,...

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Dalla mancata definizione di «apparecchio televisivo», ai fini dell'applicazione del canone rai, all'assenza di garanzie sul rispetto e tutela della privacy, passando per il mancato 'concertò con il Mef, per la stesura dello schema di decreto ministeriale. Sono diverse le «criticità» evidenziale dal Consiglio di Stato, contenute nel parere sul provvedimento presentato dal ministero dello Sviluppo economico, che definisce le modalità di pagamento dell'abbonamento in bolletta.


Il Cds invita quindi l'amministrazione a «rivedere il testo regolamentare nel suo complesso» e «sospende l'espressione del parere» in attesa dell'integrazione. Il Consiglio bacchetta il Mise, prima di tutto, per non aver rispettato la
«forma»: il decreto non è stato scritto di concerto con il ministero dell'Economia ma, da parte di via XX settembre, è stato espresso un semplice nulla osta al proseguio dell'iter processuale.

«È qualcosa di sostanzialmente diverso» perché, spiega l'organo di consulenza giuridico amministrativa, con il concerto «il ministro partecipa all'iniziativa politica, concorrendo ad assumere le responsabilità», spiega il Consiglio di Stato. Poi si passa alle osservazioni di merito, partendo dalla «mancata definizione di apparecchio televisivo», ai fini dell'imposizione del canone. In particolare il Cds rileva che «nel testo del regolamento manca un qualsiasi riferimento ad una definizione di cosa debba intendersi per apparecchio televisivo, la cui detenzione comporta il pagamento del relativo canone di abbonamento e al fatto che il canone deve essere corrisposto per un unico apparecchio, prescindendo dall'effettivo numero di apparecchi posseduto dal singolo utente».

Il Consiglio di Stato ricorda che questo è un aspetto particolarmente importante, visto che «lo sviluppo tecnologico dei dispositivi di comunicazione ha reso disponibili sul mercato molteplici 'devicè che consentono funzioni di ricezione di programmi televisivi, pur essendo destinati a finalità e usi strutturalmente diversi», come tablet e smartphone. Si passa poi ai profili di rispetto e tutela della privacy, collegati allo scambio di informazioni tra diversi enti, previsto dal regolamento. «Nelle norme in esame -osserva il Cds- non si rinviene alcun riferimento alla problematica».


Il Consiglio di Stato rivela inoltre che nel regolamento «non sono state previste forme di adeguate pubblicità, rispetto all'elevato grado di diffusione raggiunto dal mezzo televisivo». L'organo invita quindi l'amministrazione a dare «la massima diffusione, nelle forme ritenute più opportune, alle disposizioni del procedimento di riscossione del canone», con particolare riferimento a quelle che implicano adempimenti a carico dell'utenza.
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Il Gazzettino