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Giuseppe Conte va ripetendo a tutti: «Quella tra me e Grillo non è una diarchia. Il capo politico sono io e Beppe come è giusto che sia è una guida, un suggeritore, un simbolo e un grande punto di riferimento». Per ora Grillo lascia a Conte il piacere di pensarla così, anche perché a lui conviene di mantenere la pace trovata con l’ex premier e anche a Conte fa comodo questo mezzo pareggio. Ammesso che durerà, vista l’imprevedibilità di Beppe. Il quale domani sarebbe dovuto venire a Roma per dare a tutto il corpaccione parlamentare dei grillini un segno di stabilità ma probabilmente i due si vedranno non nella Capitale ma altrove per evitare i riflettori e per scongiurare che la trasferta romana del Fondatore possa rivelarsi un disastro come quella dell’altra volta. Comunque, parola di Beppe: «Io e Conte andiamo d’accordo e si va avanti insieme». Finché dura. La giustizia è il primo terreno d’intesa, con Grillo d’accordo che la riforma Cartabia possa essere migliorata in Parlamento come vuole Conte a colpi di emendamenti ma pesa una incognita: se Draghi mette la fiducia sul testo così com’è gli stellati che cosa faranno? Diranno di no come vogliono i contiani chiamandosi fuori fslja maggioranza o cederanno ancora per quieto vivere come vogliono Grillo, Di Maio, Fico, tutti i ministri e molto big? Ecco perché la pax tra Beppe e Giuseppe che domani verrà sancita nella passerella romana dell’Elevato poggia su un terreno friabile.
Conte prepara il Vietnam: giustizia, riforma invotabile. E Grillo domani sarà a Roma
Conte-Grillo, la trattativa va avanti
La giustizia insomma ma non solo la giustizia. «Dobbiamo evitare - dicono nell’entourage di Conte - che su qualunque cosa che fa Giuseppe parta il tormentone: Grillo che cosa dice? Grillo è d’accordo?». All’incontro non romano ma che comunque ci sarà con Conte, Grillo arriva per concludere il confronto sullo statuto e sulla carta dei valori ma soprattutto per decidere con Conte chi affiancherà Conte alla guida del movimento: Grillo vuole dire la sua e la mediazione sarà su tre vicepresidenti. Dovrebbero essere la Appendino (o la Taverna), Crimi e Bonafede. Una troika che parrebbe più contiana che grillina. Naturalmente se la Taggi non dovesse arrivare al ballottaggio a Roma nel voto autunnale anche Virginia entrerà nel pantheon del nuovo partito ma più in quota Grillo che Conte.
I temi
L’ex premier intanto vuole ripartire dalla giustizia ma anche dal fisco.
M5S, Conte è presidente e Grillo garante sui valori: sarà battaglia a Draghi
La riforma del fisco
Altro obiettivo di Conte: la riforma del fisco. Sul quale il ministero dell’Economia sta lavorando in asse con Palazzo Chigi, e i partiti rischiano di scoprire all’ultimo minuto di che cosa si tratta anche se è uno dei cardini del Recovery Plan messo a punto già dal secondo governo Conte. «Ma era anche nel nostro Pnrr - dicono i fedelissimi del futuro Presidente pentastellato - e anche per questo su quel fronte non bisogna cedere». Cedere alla Lega e al centrodestra tutto, che soffiano e spingono su idee come la flat tax, mentre per Conte l’idea della progressività va mantenuta a tutti i costi, e le tasse se da un lato devono essere abbassate alle fasce a più basso reddito dall’altro non deve essere un tabù quello di ragionare su ricchi e super ricchi. Un terreno di scontro pratico ma anche ideologico con il blocco di centrodestra per scavare un solco in vista del futuro. Ma Grillo su questo è schierato assolutamente con Conte. Così come nella difesa del Reddito di cittadinanza dal referendum per abolirlo proposto da Matteo Renzi.
Conte e i fedelissimi
Il problema interno di Conte è che dopo lo scontro con Grillo ha visto erodere intorno a sé lo zoccolo duro dei fedelissimi, e oggi il numero di chi è disposto a concedergli cambiali in bianco è sensibilmente inferiore. Così come non c’è nessuno disposto a una linea dura rispetto al governo Draghi e infatti Conte non può che ammorbidire la propria bellicosità verso SuperMario che comunque considera più o meno un usurpatore. Insomma i punti da chiarire caino ancora tanti, perciò Grillo rinuncia alla trasferta a Roma e i due preferiscono stare ancora coperti. Per capirsi meglio e fuori dalla città palcoscenico più adatta alle guerre che alle paci.
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