M5S, Grillo non viene a Roma: sulla trattativa con Conte pesa l'imprevedibilità di Beppe

Martedì 13 Luglio 2021 di Mario Ajello
Grillo-Conte, trattativa ancora in corso: e il garante del Movimento non viene a Roma

Giuseppe Conte va ripetendo a tutti: «Quella tra me e Grillo non è una diarchia. Il capo politico sono io e Beppe come è giusto che sia è una guida, un suggeritore, un simbolo e un grande punto di riferimento». Per ora Grillo lascia a Conte il piacere di pensarla così, anche perché a lui conviene di mantenere la pace trovata con l’ex premier e anche a Conte fa comodo questo mezzo pareggio. Ammesso che durerà, vista l’imprevedibilità di Beppe. Il quale domani sarebbe dovuto venire a Roma per dare a tutto il corpaccione parlamentare dei grillini un segno di stabilità ma probabilmente i due si vedranno non nella Capitale ma altrove per evitare i riflettori e per scongiurare che la trasferta romana del Fondatore possa rivelarsi un disastro come quella dell’altra volta. Comunque, parola di Beppe: «Io e Conte andiamo d’accordo e si va avanti insieme». Finché dura. La giustizia è il primo terreno d’intesa, con Grillo d’accordo che la riforma Cartabia possa essere migliorata in Parlamento come vuole Conte a colpi di emendamenti ma pesa una incognita: se Draghi mette la fiducia sul testo così com’è gli stellati che cosa faranno? Diranno di no come vogliono i contiani chiamandosi fuori fslja maggioranza o cederanno ancora per quieto vivere come vogliono Grillo, Di Maio, Fico, tutti i ministri e molto big? Ecco perché la pax tra Beppe e Giuseppe che domani verrà sancita nella passerella romana dell’Elevato poggia su un terreno friabile. 

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La giustizia insomma ma non solo la giustizia. «Dobbiamo evitare - dicono nell’entourage di Conte -  che su qualunque cosa che fa Giuseppe parta il tormentone: Grillo che cosa dice? Grillo è d’accordo?».

All’incontro non romano ma che comunque ci sarà con Conte, Grillo arriva per concludere il confronto sullo statuto e sulla carta dei valori ma soprattutto per decidere con Conte chi affiancherà Conte alla guida del movimento: Grillo vuole dire la sua e la mediazione sarà su tre vicepresidenti. Dovrebbero essere la Appendino (o la Taverna), Crimi  e Bonafede. Una troika che parrebbe più contiana che grillina. Naturalmente se la Taggi non dovesse arrivare al ballottaggio a Roma nel voto autunnale  anche Virginia entrerà nel pantheon del nuovo partito ma più in quota Grillo che Conte. 

 

I temi

L’ex premier intanto vuole ripartire dalla giustizia ma anche dal fisco. Della prima si è molto detto in questi giorni, e si procederà con gli emendamenti alla legge Cartabia. Conte ribadisce la propria contrarietà di principio, la realpolitik lo ha portato però a non sconfessare direttamente i ministri che hanno dato il via libera al compromesso, avendo coscienza che lo hanno fatto non solo ma anche per tutelare la mediazione interna tra lui e Grillo che era a un passo dall’essere raggiunta e che poteva essere messa in pericolo dall’ennesimo scossone. Un ok che è stato preceduto e seguito da una girandola di telefonate prima e dopo, e che ha portato a un doloroso sì. Certo, c’è da placare le ire di voci influenti nel Movimento, come quelle di Alfonso Bonafede, Vittorio Ferraresi e Giulia Sarti, che hanno picconato domenica in assemblea i testi di Cartabia, ma che, a detta di molti dei presenti, sono rimaste voci tutto sommato minoritarie. C’è lo spazio per marcare differenze, soprattutto con il Pd, del quale Conte vuole evitare assolutamente di diventare un clone, ma senza strappi che possano pregiudicare la tenuta del blocco giallorosso, messo già duramente alla prova dalle note vicende pentastellate. Il lungo colloquio tra Di Maio e Franceschni ieri davanti a tutti, nel cortile di Palazzo Chigi in attesa con Draghi dell’arrivo degli azzurri per la festa della vittoria all’Europeo, segnala la voglia di stare insieme nonostante tutto tra M5S e Pd anche in vista dell’elezione del Capo dello Stato all’inizio del prossimo anno. 

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La riforma del fisco

Altro obiettivo di Conte: la riforma del fisco. Sul quale il ministero dell’Economia sta lavorando in asse con Palazzo Chigi, e i partiti rischiano di scoprire all’ultimo minuto di che cosa si tratta anche se è uno dei cardini del Recovery Plan messo a punto già dal secondo governo Conte. «Ma era anche nel nostro Pnrr - dicono i fedelissimi del futuro Presidente pentastellato - e anche per questo su quel fronte non bisogna cedere». Cedere alla Lega e al centrodestra tutto, che soffiano e spingono su idee come la flat tax, mentre per Conte l’idea della progressività va mantenuta a tutti i costi, e le tasse se da un lato devono essere abbassate alle fasce a più basso reddito dall’altro non deve essere un tabù quello di ragionare su ricchi e super ricchi. Un terreno di scontro pratico ma anche ideologico con il blocco di centrodestra per scavare un solco in vista del futuro. Ma Grillo su questo è schierato assolutamente con Conte. Così come nella difesa del Reddito di cittadinanza dal referendum per abolirlo proposto da Matteo Renzi. 

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Conte e i fedelissimi

Il problema interno di Conte è che dopo lo scontro con Grillo ha visto erodere intorno a sé lo zoccolo duro dei fedelissimi, e oggi il numero di chi è disposto a concedergli cambiali in bianco è sensibilmente inferiore. Così come non c’è nessuno disposto a una linea dura rispetto al governo Draghi e infatti Conte non può che ammorbidire la propria bellicosità verso SuperMario che comunque considera più o meno un usurpatore. Insomma i punti da chiarire caino ancora tanti, perciò Grillo rinuncia alla trasferta a Roma e i due preferiscono stare ancora coperti. Per capirsi meglio e fuori dalla città palcoscenico più adatta alle guerre che alle paci.

Ultimo aggiornamento: 14 Luglio, 09:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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