Atac, ultimo scandalo a Roma: rubate le ricariche dei condizionatori

Atac, ultimo scandalo a Roma: rubate le ricariche dei condizionatori
Nell’Atac dove si dovrebbe «lavorare con trasporto», come da motto aziendale imbullonato sull’insegna del quartier generale di via Prenestina, qualcuno con...

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Nell’Atac dove si dovrebbe «lavorare con trasporto», come da motto aziendale imbullonato sull’insegna del quartier generale di via Prenestina, qualcuno con trasporto ruba perfino le bombole dell’aria condizionata. Dopo le macchinette dei biglietti saccheggiate dalle guardie giurate che avrebbero dovuto custodirle (11 arresti a dicembre), dopo i furti di gasolio e ricambi piuttosto in voga negli anni passati (44 casi solo nel 2017), nel gorgo delle ruberie finiscono anche le scorte per i climatizzatori dei bus. Che infatti si guastano di continuo, tanto che in queste settimane di caldo torrido fino a 200 mezzi al giorno sono rimasti parcheggiati con le doppie frecce in strada, proprio per colpa degli impianti kappaò.


Atac, il caso dei nuovi bus: già fermi dopo un giorno

A scoprire i furti delle bombole, messi in pratica peraltro con gli autobus del servizio pubblico, è stata la stessa azienda dei trasporti di Roma, guidata dal presidente e ad, Paolo Simioni: si è partiti da un caso, quello di un autista sorpreso a portar via, notte tempo, ben cinque fusti coi ricambi dei climatizzatori, per arrivare a indagare su una rete vasta di complici che sottrarrebbe all’azienda le ricariche, magari per rivenderle a ditte private compiacenti. Una pista a cui stanno lavorando gli ispettori del colosso dei trasporti, faticosamente risanato da Simioni col concordato fallimentare, attraverso un’indagine interna che, si spera, farà luce sulla catena di imbrogli e ladrocini.

CONDANNA LAMPO
L’autista beccato a inizio mese è già stato messo alla porta: sospensione dai turni e dalla paga, il primo step di un procedimento disciplinare che dovrebbe concludersi col licenziamento. Sulla vicenda si è appena espresso anche il Tribunale di Roma: processo per direttissima, condanna a 6 mesi. I fatti d’altronde non lasciavano molti margini d’interpretazione.
Il conducente è stato sorpreso a inizio luglio nella rimessa di Tor Pagnotta. Di notte, poco prima della fine del servizio, aveva caricato cinque partite di bombole su un autobus teoricamente fermo per guasto. Invece funzionava benissimo tanto che con quel mezzo l’autista è riuscito a lasciare il garage e a dirigersi in uno spiazzo, dove ha iniziato a scaricare il maltolto, per poi sistemarlo su un’auto privata.

A scoprirlo, per caso, è stato uno dei nuovi capi operai nominati dall’azienda, che lo ha seguito fino alla macchina con un sottoposto e ha chiamato le forze dell’ordine. «Il fatto che a fermarlo siano stati i colleghi testimonia che l’azienda è sana e che per molti dipendenti l’attaccamento al lavoro coincide col rispetto rigoroso della legalità», rimarca Pietro Calabrese, presidente della Commissione Mobilità del Campidoglio. E questo è senz’altro positivo. Ma indagando sulla vicenda, diversi punti fanno pensare che non si tratti di un caso isolato. Anzi. 

LE CONNIVENZE

L’idea che si è fatto chi sta indagando è che l’autista contasse su una rete di connivenze e complicità. Per vari motivi. Il primo: il conducente non lavorava a Tor Pagnotta, dove è avvenuto il furto, ma nella rimessa di Tor Vergata. Quindi non avrebbe dovuto mettere piede in quel deposito. Insomma, qualcuno plausibilmente lo ha fatto entrare, gli ha fatto sapere dove erano stipate le bombole e, soprattutto, gli ha permesso di prendere un autobus di 12 metri, caricarci i fusti con le bombole, e di andare via indisturbato, prima che il capo operaio fermasse tutto in extremis. Un “sistema” in atto da chissà quanto. L’Atac, sul caso, intende andare a fondo. Anche per dare il segnale che non c’è più spazio per certi malcostumi che hanno contribuito a scavare nei conti dell’azienda il buco miliardario che ora tocca ripianare. 
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Il Gazzettino