La Corte d’Appello di Venezia ha messo la parola fine sull’incubo che hanno vissuto in questi anni Achille Da Pra’, 54 anni di Lozzo e Giuseppe De Polo, 55 anni di Pieve di...
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Per quella vicenda erano stati accusati e condannati in primo grado per l’interruzione di pubblico servizio e il rifiuto d’indicazione sulla propria identità personale. Nei mesi scorsi l’assoluzione piena della Corte d’Appello di Venezia perché il fatto non sussiste. Sentenza passata in giudicato che ha "riabilitato" dopo 13 anni il vigile Da Pra’ che si era visto accusato solo per aver fatto il proprio dovere. Si era sentito come «un criminale» dopo quella condanna a quattro mesi di reclusione. Annullata completamente quella sentenza del tribunale di Belluno nella sezione distaccata di Pieve di Cadore, con il ricorso in appello promosso dall’avvocato Massimo Malvestio del foro di Treviso, che ha assistito entrambi gli imputati. Ora è passata in giudicato e il vigile di Lozzo può lasciarsi alle spalle quella terribile esperienza.
Quel giorno i carabinieri in borghese avevano proceduto a un sequestro di armi. I due agenti di polizia municipale hanno fermato l’auto perché viaggiavano senza cinture. «Patente e libretto», chiedono i vigili e emerge che l’auto è del ministero e che le persone sono carabinieri. Il controllo e la prassi per elevare la contravvenzione non si ferma. Dopo un po’ arriva una jeep con altri carabinieri della zona. A loro volta chiedono le generalità e i documenti ai vigili. Secondo le accuse con le quali i vigili si sono ritrovati a processo non avrebbero fornito queste indicazioni ai carabinieri del nucleo operativo che le avevano richieste. Erano accusati anche di aver turbato e interrotto il servizio di polizia giudiziaria delegato ai carabinieri in borghese dalla procura. Ora quell’incubo è finito e i due sono stati scagionati definitivamente, con sentenza passata in giudicato. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino