VENEZIA - È «solido ed esauriente» il quadro indiziario a carico dell'ex presidente del Magistrato alle acque, Maria Giovanna Piva, accusata dalla Procura di essere stata...
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Dalle indagini emerge che la dottoressa Piva ha accettato che «all'interno del Mav operassero dipendenti dello stesso ente controllato e percependo da Mazzacurati e dai suoi collaboratori flussi di denaro costante». L'allora presidente del Consorzio ha riferito ai magistrati di aver retribuito la Piva con 400mila euro all'anno e l'ex presidente della Mantovani, Piergiorgio Baita, ha raccontato di essersi occupato di corrispondere metà di quella somma. L'allora presidente del Mav sarebbe stata ricompensata anche attraverso l'assegnazione, da parte della Regione Veneto, del collaudo dell'ospedale di Mestre, per oltre 300mila euro. La Piva, assistita dall'avvocato Emanuele Fragasso, ha respinto ogni addebito, ammettendo soltanto di aver fatto parte della commissione di collaudo dell'ospedale, ma nessuna corruzione: sostiene, infatti, di essere stata sempre in contrasto con il Cvn. Quanto al personale del Consorzio utilizzato dal Magistrato, ha spiegato che serviva per far fronte alla carenza di organico. Versione che, secondo il Riesame, sarebbe smentita dai documenti rinvenuti nel computer dell'ingegner Brotto, responsabile della progettazione del Mose, ma anche dalle dichiarazioni dell'ex vicedirettore del Cvn, Roberto Pravatà, secondo il quale l'80% degli atti formalmente redatti dal Mav «erano in realtà prodotti da personale del Cvn», e la Brotto avrebbe «redatto perfino i voti che sarebbero stati espressi dai componenti del Comitato tecnico, poi integralmente recepiti nel documento ufficiale del Mav». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino