Spara e uccide due rapinatori: condannato a 11 anni e 4 mesi

Il luogo della tragica rapina e la vittima rodigina Otello Astolfi
ROVIGO - La sentenza della Corte di Cassazione non ha portato con sè quello sconto di pena che la difesa si auspicava. I giudici di Roma hanno in sostanza confermato la sentenza...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
ROVIGO - La sentenza della Corte di Cassazione non ha portato con sè quello sconto di pena che la difesa si auspicava. I giudici di Roma hanno in sostanza confermato la sentenza di appello: 11 anni e 4 mesi per duplice omicidio volontario.




A processo si trovava Mauro Pelella, accusato di avere ucciso, il 4 aprile 2011 a Quinzano d'Oglio, nel Bresciano, due rapinatori che avevano colpito una banca. Uno di questi era polesano: Otello Astolfi, di Rovigo, 62 anni. In quella circostanza trovò la morte anche Ivan Alpignano, 38enne di Castel Torinese.



Secondo la ricostruzione degli investigatori, i due avrebbero fatto parte di un gruppo di quattro persone che aveva appena colpito alla Cassa rurale e artigiana del paese, portando via un bottino di circa 10mila euro.



Pelella, guardia giurata, quel giorno era in servizio, impegnato in un servizio di scorta a un furgone portavalori fermo di fronte a un istituto di credito differente da quello oggetto del colpo. Avrebbe esploso ben 15 colpi di pistola all'indirizzo dell'auto in fuga. Spegnendo due vite.



Nel corso dei processi di primo e secondo grado, si è sempre difeso sostenendo di avere agito per legittima difesa. Aveva avuto la netta impressione che la vettura stesse per investirlo e aveva reagito convinto che la sua vita fosse in pericolo.



In parole povere, i giudici di primo e secondo grado hanno ritenuto che il vigilante non avrebbe dovuto fare fuoco. Questo perché, non essendo un pubblico ufficiale, avrebbe potuto sparare o per salvare la propria vita o per reagire a un atto criminoso nei confronti del portavalori che in quel momento stava scortando. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino