ROMA - L'iter parlamentare delle riforme è finalmente partito in Senato, con l'incardinamento del ddl del governo in commissione Affari costituzionali, dove si registra il primo...
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La giornata è iniziata proprio con l'assemblea dei senatori Pd, la quinta, dedicata alle riforme, con l'intervenuto del presentatore del disegno di legge alternativo a quello del governo, Vannino Chiti. L'ex ministro ha insistito sul punto che divide la sua posizione da quella del governo: gli inquilini del Senato, secondo lui, devono continuare ad essere eletti dai cittadini e non rappresentanti dei Consigli Regionali, come prevede invece il ddl del governo e come avviene, per esempio, nella Germania federale. Alla fine il capogruppo Luigi Zanda ha preteso un voto e sulle linee del governo si sono registrati 53 sì, 11 no e 4 astenuti (in totale i senatori Pd sono 107).
Nel pomeriggio è arrivato l'intervento critico di D'Alema: «Berlusconi e Renzi - ha detto - non fanno parte del Parlamento. Sulle regole della democrazia il Parlamento deve potere intervenire migliorando, discutendo e correggendo con libertà i testi». E poi un sostegno anche alla tesi di Chiti: «Se al Senato si vogliono attribuire rilevanti compiti di garanzia - ha detto - ci possono essere anche altre soluzioni rispetto a un Senato non elettivo».
Sul Senato delle Regioni e sull'assenza di indennità Renzi non ha intenzione di cedere e su questo ha incassato la conferma da Berlusconi: anche Forza Italia condivide questa linea. Si tratta di vedere come evolverà il braccio di ferro interno al Pd, dentro il quale 3 senatori su 22 hanno nel frattempo ritirato la firma al ddl Chiti.
Dopo la relazione introduttiva dei relatori, Anna Finocchiaro e Roberto Calderoli, svolta ieri sera, alla discussione generale che si terrà nei prossimi giorni sono iscritti 91 senatori, tra cui i 40 di M5s, che si accingono a fare ostruzionismo. Come contromossa la Commissione ha stabilito una serie di sedute fiume, comprese alcune notturne, così da poter adottare il 29 aprile un testo base (oltre al ddl del governo ce ne sono altri 50) che verrà proposto dai relatori Finocchiaro e Calderoli. Poi sarà fissato un termine per gli emendamenti (presumibilmente attorno al 5-6 maggio), e da lì inizierà la maratona dei voti su cui incombe l'ostruzionismo di M5s che cercherà di evitare il sì di Palazzo Madama entro il 25 maggio. L'incognita preoccupa il governo e il Pd: «ognuno deve avere il tempo di esprimere la propria opinione - ha detto la presidente della commissione Finocchiaro - ma ciò non deve trasformarsi in manovre per dilazionare i tempi». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino