Selfie, ossessionata dalle foto si suicida: su internet la deridevano per il suo aspetto

Selfie, ossessionata dalle foto si suicida: su internet la deridevano per il suo aspetto
L'ossessione maniacale per i selfie. Il proprio corpo che non le piaceva. Il confronto con le foto patinate e perfette delle star che impazzano sul web. Il bullismo che la...

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L'ossessione maniacale per i selfie. Il proprio corpo che non le piaceva. Il confronto con le foto patinate e perfette delle star che impazzano sul web. Il bullismo che la colpiva su Facebook e le battute dai compagni di scuola che per lei equivalevano a pugnalate alla schiena. Una miscela esplosiva che ha mandato in tilt la mente di Hannah Carpenter, la 18enne trovata morta nei boschi vicino alla sua casa di Redruth, in Cornovaglia, il 31 maggio scorso, il giorno dopo che ne era stata denunciata la scomparsa. Una morte che il coroner Barry Van den Berg ha classificato come suicidio.




Sono serviti mesi, ai genitori di Hannah, per ricomporre i pezzettini dell'intricatissimo puzzle della sua vita interiore, delle sue angosce e delle sue speranze: un mondo sconosciuto e parallelo a quello che loro conoscevano. Solo dopo la morte della figlia hanno capito che, come moltissimi altri genitori, ignoravano cosa si nascondesse dietro tanti malumori e tante reazioni eccessive della loro ragazza. Lo hanno scoperto pian piano, dopo aver trovato nel suo telefonino migliaia di foto scattate da Hanna a ogni singola parte del suo corpo, con accanto commenti negativi sul proprio aspetto e sul proprio peso. E dopo aver scoperto che la figlia era stata vittima di cyberbullismo su Facebbok e che a scuola si sentiva presa di mira per il suo aspetto. Per una ragazza che tentava di emulare le star che riempiono le pagine delle riviste e dei siti internet, scoprire che stava puntando a un obiettivo che non avrebbe mai potuto raggiungere deve essere stato devastante.



Il padre di Hanna, David Carpenter, 45 anni, ha raccontato come la figlia avesse sviluppato un disturbo alimentare a 13 anni: nel 2012, dopo un monitoraggio, il medico di famiglia stabilì che la questione era risolta, ma in realtà non era così. Dopo la tragedia, David trovò nel telefonino della ragazza migliaia di selfie che dimostrano quanto la sua ossessione di sentirsi grassa, per quanto in realtà fosse magra, non fosse mai cessata: il problema era passato dal suo corpo alla sua mente. «Sembra incredibile - dice David - Lei era incantevole, ma si sentiva in sovrappeso e senza alcun talento. Non riusciva a vedere in se stessa quella bella e giovane donna che noi tutti vedevamo: nello specchio non trovava quello che avrebbe voluto essere. Aveva una famiglia amorevole intorno a lei, un fidanzato buono e lavoratore, era bella, era brava, aveva tutto, ma per lei non era abbastanza, tutto questo non contava. Contava solo il suo aspetto». Ma tutto questo la famiglia di Hanna lo ha saputo quando ormai era troppo tardi. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino