Non varrà un punto intero ma il campo repubblicano può godere di un passo avanti dopo il primo e unico dibattito tv tra i candidati vicepresidenti nella corsa per la...
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Poi il primo sondaggio a caldo della Cnn, secondo cui il repubblicano ha prevalso 48% a 42%. Entrambi erano scesi in campo armati fino ai denti, chiamati ad alzare le mura del fortino in difesa dei leader con cui corrono in ticket, Hillary Clinton e Donald Trump. È stato però Kaine ad attaccare per primo e a continuare a farlo per tutti i 90 minuti del duello che lo ha visto sì aggressivo e incalzante, sì fedele alla linea della candidata democratica, ma di fronte ad un rivale capace di mantenere la calma, anche davanti ad interruzioni continue, mostrando una prova di temperamento ben lontana dai toni e dai picchi delle più note performance di Trump. Al punto che il quadro questa sera si può dire ribaltato rispetto al 26 settembre, quando nella sfida tra Hillary e Donald era il tycoon ad interrompere, a reagire piccato, quello più teso e meno in controllo. Sono scintille fin da subito con botta e risposta a tamburo battente.
Donald Trump come commander in chief «ci spaventa a morte» ha detto Kaine, dichiarandosi pronto per il suo ruolo e vantando una esperienza «ad ogni livello di governo». Il tempo che il senatore della Virginia usa per presentare all'America le sue credenziali non va però molto oltre. Il resto è tutto per la strenua difesa della 'suà candidata: orgoglioso di correre con Hillary Clinton, «una donna che sta facendo la storia», ha detto, prima di lanciarsi insieme con il rivale in un vero e proprio duello su chi ha offeso di più: Kaine ha rimproverato a Donald Trump le offese contro i messicani, gli afro-americani, le donne ma Mike Pence ha replicato che il tycoon ha insultato meno americani di quanti ne abbia insultati Hillary Clinton con i suoi commenti sul «cesto di miserabili», riferito alla metà degli elettori del magnate. Non manca il tentativo di affondo in politica estera da parte di Pence, che ha accusato la ex segretario di Stato -«l'architetto della politica estera dell'amministrazione Obama» l'ha definita- del caos in Medio Oriente, suggerendo che l'attuale crisi in Siria sia l'esito della «debole e fallimentare politica estera che Hillary Clinton ha contribuito a guidare».
L'attenzione è poi passata sulla Russia, alla quale il candidato vice repubblicano ritiene che il tandem Obama-Clinton abbia lasciato troppo spazio per lanciare le sue azioni aggressive in Ucraina.
Il Gazzettino