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Ha rischiato la condanna a morte a soli 17 anni ma Sonia Sharifi è tornata a casa. La ragazza era stata arrestata lo scorso 19 novembre dopo le proteste in piazza in Iran e accusata di “aver scatenato la guerra contro Allah” reato punibile anche con la morte. L'Ong “Kurdistan Human Rights Network” ha comunicato che è stata pagata una cauzione di 400 milioni di toman (circa 10mila euro).
L'arresto a casa della nonna
Sonia Sharifi era stata arrestata a casa della nonna, ad Abdanan, nella provincia di Ilam, al confine con l’Iraq, lo scorso 19 novembre. Secondo l'Ong che ha seguito il suo caso, la ragazza era stata violentemente picchiata e condotta nel Centro di detenzione minorile di Ilam. Ni giorni scorsi, l’ufficio del procuratore generale di Abdanan aveva impedito alla 17enne di ricevere una rappresentanza di base da un avvocato.
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La condanna a morte del 23enne Rahnavard
Pochi giorni fa invece due ragazzi di 23 anni sono stati arrestati e condannati alla pena di morte per impiccagione.
Mentre le condanne a morte ahnno suscitato lo sdegno a livello internazionale, la magistratura iraniana aveva dichiarato di aver condannato a morte undici persone in relazione alle proteste. Secondo gli attivisti anche altre 12 persone rischiano la morte.
Contrasto nell'interpretazione della legge
Il reato di "Muharebeh" però divide persino i religiosi iraniani. Ad esempio in un’intervista rilasciata all’agenzia di stampa “Ilna”, l’ayatollah Morteza Moqtadaei, ex capo della Corte Suprema, ha affermato rispondendo a una domanda sull’esecuzione della pena di morte per il reato di “Muharebeh”: «Nei casi in cui una persona non combatte con un gruppo e combatte solo con una persona, quella persona non è chiamata mohareb. Se un mohareb uccide qualcuno, dovrebbe essere condannato a morte, ma se si limita a minacciare e intimidire, anche se viene condannato, non dovrebbe essere giustiziato”. Anche un altro studioso sciita e membro dell’Assemblea del Seminario di Qom, l’ayatollah Mohammad Ali Ayazi, ha sottolineato il diritto a manifestare e che le persone possono difendersi dagli agenti del governo che vogliono impedirglielo. “Questo non è commettere Moharebeh”, ha detto.
Il Gazzettino