Doveva essere un breve trasferimento verso giorni di vacanza al mare. Ma il viaggio del traghetto indonesiano Zahro Express è stato bruscamente interrotto stamattina da un...
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Le fiamme sono divampate in fretta dal motore dell'imbarcazione, riempiendo la cabina di un fumo denso e costringendo i circa 230 passeggeri a scappare all'esterno e gettarsi in mare assieme ai salvagente disponibili. All'arrivo dei soccorritori, la parte superiore dello scafo si è presentata ormai distrutta dal rogo. Le persone tratte in salvo sono 194, e tra queste nove sono ancora in ospedale. Al termine di una giornata di ricerche, oltre ai 23 morti non si ha però ancora traccia di 17 passeggeri, i cui familiari stanno ormai perdendo le speranze. In particolare, riportano i media indonesiani, cinque dei dispersi appartengono a una stessa famiglia di otto persone.
È apparso presto chiaro come il traghetto trasportasse più del centinaio di persone ufficialmente a bordo. Anche questa è una circostanza piuttosto comune in Indonesia, e ha enormemente complicato la stima dei passeggeri dispersi. «Guardando le foto del traghetto bruciato mi chiedo come ci fossero 230 persone a bordo. Ma d'altronde questa è l'Indonesia», ha scritto un giornalista locale su Twitter.
Sui social media sono poi emerse anche foto passate di traghetti simili che compiono lo stesso tragitto in periodi di intenso traffico, come in questi giorni a cavallo dell'anno: sono stipati di passeggeri su ogni superficie disponibile. Tali abitudini, unite all'insufficiente manutenzione di imbarcazioni spesso vecchie e a viaggi a volte intrapresi in condizioni atmosferiche sconsigliate, fanno dell'Indonesia uno dei Paesi con la più alta ricorrenza di disastri marittimi, tanto che tre dei più gravi incidenti in mare degli ultimi vent'anni nel mondo sono accaduti nell'arcipelago. Tra questi anche il naufragio che, quasi esattamente dieci anni fa, costò la vita a 461 persone tra Giava e il Borneo il 29 dicembre 2006. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino